Monthly Archives: Novembre 2023

Banche etiche più redditizie di quelle convenzionali

Grazie a un modello di business eticamente orientato la finanza etica si propone di influenzare positivamente il sistema finanziario mainstream globale, affrontando le trasformazioni necessarie per affrontare le sfide economiche, sociali e ambientali.
Secondo uno studio condotto da Fondazione Finanza Etica, Fundación Finanzas Éticas e Federazione Europea delle Banche Etiche e Alternative (Febea), le banche etiche europee mostrano una redditività superiore rispetto alle banche convenzionali.

In un arco temporale di 10 anni, dal 2012 al 2021, la redditività del capitale proprio (ROE) delle banche etiche è stata in media del 5,23%, rispetto al 2,21% delle banche convenzionali. Anche la redditività degli attivi (ROA) è risultata più elevata, con una media dello 0,46% contro lo 0,25% delle banche convenzionali.

Un modello più efficace per affrontare le sfide contemporanee

Le banche etiche mantengono nel tempo una forte capitalizzazione nel tempo, con un rapporto tra patrimonio netto e passività totali che si attesta in media all’8,2%, e presentano differenze strutturali rispetto alle banche convenzionali, focalizzandosi maggiormente sulle attività bancarie tradizionali, soprattutto sul credito.

Inoltre, le banche etiche mostrano un impegno concreto nell’approccio ecologico e sociale, investendo in metriche avanzate per misurare le emissioni di gas serra e adottando politiche che escludono finanziamenti a filiere dannose per l’ambiente e il clima.
Il rapporto sembra quindi sottolineare il successo e l’efficacia del modello di finanza etica nell’affrontare le sfide contemporanee e propone una visione positiva sul suo impatto potenziale nel sistema finanziario globale.

Gestione della liquidità

Le differenze tra banche etiche e banche convenzionali non sono solo in termini di redditività, ma anche in relazione alla gestione della liquidità e alla solidità patrimoniale.
La prudenza nella gestione della liquidità sembra essere un elemento distintivo delle banche etiche rispetto alle loro controparti convenzionali.
Nei confronti delle banche etiche, la principale fonte di liquidità è rappresentata dai depositi dei clienti, contribuendo all’81,1% delle passività totali.

Al contrario, le banche convenzionali dipendono da diverse fonti di liquidità, il che si traduce in un rapporto depositi/patrimonio netto inferiore rispetto alle banche etiche.
Quanto al rapporto prestiti/depositi (LDR), nelle banche etiche si mantiene stabile e inferiore (tra 77%-81,5% vs 86%-102,5%), che riflette appunto una gestione più prudente della liquidità e una focalizzazione sull’erogazione di prestiti in modo sostenibile e responsabile.

Pratiche ambientali e sociali

Le banche convenzionali europee sembrano non aver intrapreso una vera transizione ecologica nel loro modello di business.

Sebbene offrano singoli prodotti ‘verdi’ sono accusate di rimanere orientate al massimo profitto. Si evidenzia che dal 2016 al 2022, queste banche hanno finanziato i combustibili fossili con oltre 5 miliardi di euro, mentre solo il 7% dei loro finanziamenti energetici è stato destinato alle energie rinnovabili.
Le banche etiche, al contrario, adottano un approccio olistico e integrato, e si distinguono per il loro impegno a non finanziare l’industria bellica.

Big Data: il mercato cresce del +18% e arriva a 2,85 miliardi

Secondo i risultati della ricerca dell’Osservatorio Big Data & Business Analytics della School of Management del Politecnico di Milano nel 2023 il mercato dei Big Data in Italia raggiunge il valore di 2,85 miliardi di euro.

La spesa delle aziende in infrastrutture, software e servizi per la gestione e l’analisi dei dati cresce del +18%, di cui l’83% è imputabile a grandi imprese, e il 17% a microimprese e Pmi.
La crescita del mercato è trainata dalla componente Cloud (27%), particolarmente marcata nel settore manifatturiero e nel comparto Telco e Media. Il manifatturiero registra inoltre la dinamica di crescita più elevata (+25%), mentre risultano in linea con la crescita del mercato GDO/Retail, PA e Sanità. Banche, Telco e Media i comparti che spendono di più in relazione al budget ICT.

Data Strategy Index e figure professionali più diffuse

Secondo il Data Strategy Index cresce la percentuale di grandi aziende italiane di livello avanzato (20% vs 15% nel 2022), ma un terzo (32%) è ancora immaturo o ai primi passi.
All’interno delle organizzazioni sono ormai diffuse figure professionali per la valorizzazione dei dati. Il 77% delle grandi aziende ha già un Data Analyst, il 49% un Data Scientist e il 59% un Data Engineer. Tuttavia, il 77% ha difficoltà a trovare le figure richieste.

Sul fronte delle Pmi, 4 su 10 non hanno alcuna figura dedicata, neanche parzialmente, all’analisi dei dati.
Il 57% si è dotata di un software di data Visualization & Reporting (+8% sul 2022), ma si tratta per lo più di un utilizzo sporadico, con investimenti molto contenuti. Il foglio elettronico rimane ancora estremamente diffuso.

L’interesse non corrisponde sempre a un cambio di rotta

“Nel 2023 cresce la spesa per gli Analytics, e il livello di maturità delle imprese italiane nella gestione dei dati – spiega Alessandro Piva, responsabile della ricerca dell’Osservatorio -. Tuttavia, il forte interesse non corrisponde sempre a un cambio di rotta decisivo: sono ancora una minoranza le organizzazioni con una Data Strategy di livello corporate. Serve un ulteriore salto per cogliere le opportunità offerte dalle nuove frontiere tecnologiche, tra tutte l’Intelligenza artificiale generativa. Le aziende più mature stanno già sperimentando nell’ambito gestione e analisi dei dati con la Generative AI, alla ricerca di nuove strade per estrarre insight di valore da dati non strutturati o migliorare il processo di gestione e analisi”.

Il ruolo decisivo della Generative AI

“Il grande interesse suscitato nel 2023 per la Generative AI ha contribuito ad accendere i riflettori sull’importanza di avere a disposizione dati di buona qualità, fondamenta per rendere affidabili, e dunque utilizzabili, i risultati degli algoritmi – aggiunge Carlo Vercellis, responsabile scientifico -. Mentre l’innovazione avanza, però, la situazione di incertezza economica e geopolitica rischia di far ritardare gli investimenti, non tecnologici, ma soprattutto organizzativi e culturali, per proseguire nel percorso di valorizzazione dei dati. L’obiettivo delle imprese deve essere quello di costruire una buona data experience, intesa come l’esperienza complessiva di un utente in ogni fase di relazione con i dati, capace di fare la differenza nell’impatto di soluzioni di Analytics”.

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