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La sostenibilità passa anche per il packaging

La filiera agroalimentare non sfugge dallo scacchiere delle responsabilità della crisi climatica, tanto da essere considerata dagli italiani il quarto settore maggiormente responsabile del climate change, dietro a industria energetica, trasporto aereo e trasporto su gomma. In cima alle azioni di sostenibilità che le aziende agroalimentare possono intraprendere c’è la riduzione di materiali impiegati nel confezionamento del prodotto, o la sostituzione dei materiali plastici presenti negli imballaggi. Insomma, il packaging. Tra le aziende intervistate dalla quarta edizione dell’Osservatorio Packaging del Largo Consumo, realizzato da Nomisma, è stato rilevato un impegno proprio per il recupero e il riuso degli imballaggi, o il ricorso a materiali in grado di garantire un minor impatto ambientale.

Come valutare la sostenibilità della confezione?

Per ridurre i rifiuti generati dal packaging dei prodotti, e aumentare la quantità di confezionamento riciclato, le caratteristiche più ricercate dagli italiani sono assenza di overpackaging (58%), totale riciclabilità (56%), ridotte quantità di plastica (47%), basse emissioni di CO2 (46%) e utilizzo di materiale riciclato (45%). Per i manager coinvolti dalla ricerca, invece, le caratteristiche di sostenibilità del packaging devono essere oggettive e misurabili, adottate solo dopo studi e valutazioni scientifiche dell’effettivo impatto dell’imballaggio sull’ambiente. In particolare, i criteri principali in base ai quali l’impresa valuta la sostenibilità del packaging sono la riduzione delle emissioni di CO2, la riciclabilità dei materiali e l’impiego di materiali di riciclo.

Formare, informare e comunicare 

La valorizzazione delle azioni svolte dalle aziende in fatto di tutela dell’ambiente non riguarda solo il posizionamento del brand, ma anche l’informazione. In pratica, “trasmettere ai consumatori le conoscenze utili a valutare in che modo la scelta di acquisto di un prodotto in alternativa a un altro possa generare un diverso impatto sull’ambiente”, spiega Valentina Quaglietti, Head of Customer Observatories di Nomisma. Le informazioni circa lo smaltimento e il riciclo, la riduzione del materiale impiegato e la sostenibilità delle fonti energetiche e delle materie prime usate sono quindi i principali argomenti da comunicare al consumatore. Principalmente, tramite le etichette e i canali social dell’azienda.

Supportare il raggiungimento degli obiettivi ONU 2030

“Per le sue caratteristiche tecniche il packaging può rappresentare un valido supporto al raggiungimento degli obiettivi di sviluppo sostenibile dell’Agenda ONU 2030 – aggiunge Quaglietti -. D’altro canto gli obiettivi dell’Agenda 2030 rendono necessario un approccio sostenibile dei modelli di produzione, consumo e riciclo del packaging. Un orientamento allo sviluppo sostenibile economico, ambientale e sociale che coinvolge mondo produttivo, società civile, istituzioni nazionali e sovranazionali”.
In particolare, l’Osservatorio pone l’attenzione sugli obiettivi che interessano, in maniera diretta o indiretta, Sicurezza alimentare (Sustainable Development Goal 2), Modelli sostenibili di produzione e consumo (Goal 12), Preservare le risorse marine (Goal 14) e Contrasto alla desertificazione (Goal 15).

Violenza tra adolescenti: cosa ne pensano i giovani? 

Lo rivela l’indagine ‘I giovani e la violenza tra pari’, condotta da Ipsos per ActionAid con il supporto dell’IBISG, l’Istituto Buddista Italiano Soka Gakkai: secondo i ragazzi e le ragazze adolescenti in Italia a commettere atti di violenza nel nostro Paese sono i ragazzi maschi, soprattutto se in gruppo, e gli uomini adulti che è possibile incrociare anche fuori da scuola. Quattro giovani italiani su cinque ritengono però che una donna possa sottrarsi a un rapporto sessuale se davvero non lo vuole, ma uno su cinque crede che le ragazze possano contribuire a provocare la violenza sessuale se mostrano un abbigliamento o un comportamento eccessivamente provocante.

Sono le caratteristiche fisiche a scatenare la violenza

Tra i principali motivi per cui si diventa oggetto di violenza secondo gli adolescenti italiani al primo posto sono indicate le caratteristiche fisiche (50%), seguite dall’orientamento sessuale (40%) e dall’appartenenza di genere (36%). Il primo danno in seguito alla violenza subita, indicato dal 27% degli intervistati senza distinzione di genere è il malessere psicologico. Al secondo posto, isolamento e depressione (21%), e al terzo disagio e vergogna (18%).Ma non sempre i ragazzi e le ragazze che subiscono una qualche forma di violenza poi la denunciano. Il motivo principale è la vergogna nel raccontare quanto è accaduto al mondo adulto, seguito dalla paura a dirlo, la percezione dell’inutilità della denuncia, e il timore di ulteriori minacce da parte dell’aggressore.

Cosa è violenza?  

La maggioranza dei giovani (80%) considera violenza toccare le parti intime di qualcuno senza consenso, ma uno su cinque non riconosce questa violenza. A seguire, in particolar modo i giovani ragazzi, considerano violenza picchiare qualcuno, comportamento che registra il 79% delle risposte.
Al terzo posto, con il 78%, fare foto/video in situazioni intime e diffonderle ad altre persone, soprattutto per le ragazze, con l’84% delle citazioni.

Le ragazze sono più esposte anche alle molestie verbali

Sono le ragazze, più dei ragazzi, a vivere con maggior frequenza atti di violenza tra pari, in qualsiasi forma essa si manifesti.
Infatti, molto più spesso dei coetanei assistono a gossip, prese in giro, insulti, scherzi, esclusione di persone dai gruppi, situazioni in cui le parti intime di una persona vengono toccate senza consenso, diffusione non consensuale di foto e video di situazioni intime. Inoltre, le ragazze rischiano più spesso di ricevere molestie verbali mentre camminano per strada, essere toccate nelle parti intime, essere vittime di scherzi o commenti a sfondo sessuale e della diffusione di foto/video che le ritraggono in situazioni intime. I ragazzi, invece, rischiano principalmente di essere picchiati e le persone transgender/fluide/non binarie di venire insultate.

Riutilizzo dei materiali, Italia tra i più “bravi” in UE

L’Italia sta dimostrando un comportamento migliore rispetto ad altri paesi dell’Unione Europea in termini di riutilizzo dei materiali e impronta materiale, due dei tre indicatori dell’Obiettivo di Sviluppo Sostenibile 12 (SDG 12) “Consumo e produzione responsabili”. Tuttavia, il paese si colloca al di sotto della media europea nell’indicatore che misura i rifiuti prodotti pro capite. Questi dati sono stati confermati da Eurostat, che ha pubblicato i risultati ottenuti dai vari paesi dell’UE in questi tre indicatori. Nel 2020, a livello comunitario, il consumo di materie prime è diminuito del 3% (13,7 tonnellate pro capite) rispetto al 2016 (14,0 tonnellate pro capite). Il “tasso di circolarità”, che rappresenta la quota di materie prime secondarie rispetto a tutte le materie prime utilizzate nell’economia, è aumentato al 11,7% nel 2021, con un incremento di 0,2 punti percentuali rispetto al 2017 (11,5%). Inoltre, nel 2020, la produzione di rifiuti è diminuita a 4,8 tonnellate pro capite, registrando un calo del 5% rispetto al 2016 (5,1 tonnellate pro capite).

L’Obiettivo di Sviluppo Sostenibile 12

L’Obiettivo di Sviluppo Sostenibile 12, noto come “Consumo e produzione responsabili”, richiede azioni da parte di imprese, politici e consumatori per promuovere modelli di consumo e produzione sostenibili. Questo obiettivo si basa su tre pilastri: utilizzo di tecnologie avanzate per la sostenibilità; efficienza nell’uso delle risorse per ridurre gli sprechi energetici; riduzione complessiva dei rifiuti.
A livello comunitario, il monitoraggio di questo parametro si concentra sui progressi compiuti nel separare gli impatti ambientali dalla crescita economica, promuovendo un’economia verde e gestendo in modo efficiente la produzione e la gestione dei rifiuti.

Gli indicatori dell’SDG 12

Gli indicatori dell’SDG 12 sono tre: tasso di circolarità, impronta materiale e generazione di rifiuti. L’Italia si posiziona al di sotto della media europea solo nell’indicatore relativo alla generazione di rifiuti. Nel 2018, i 27 Paesi membri hanno generato in media 1.820 chili di rifiuti pro capite, con l’Italia a 1.850 chili pro capite. Solo la Germania ha fatto peggio con 1.872 chili pro capite, mentre Francia (1.514 chili) e Spagna (1.540 chili) hanno ottenuto risultati migliori.
Per quanto riguarda il tasso di circolarità, l’Italia si posiziona molto bene, con il 20,6% delle materie prime utilizzate, quasi il doppio della media europea (11,7%). Anche la Francia ha ottenuto buoni risultati con il 19,2%.

Impronta materiale, l’Italia può fare meglio

Nell’indicatore dell’impronta materiale, l’Italia si colloca al di sotto della media europea, con 10 tonnellate e 228 quintali pro capite nel 2020, insieme alla Spagna. Entrambi i paesi sono al di sotto della media europea di 13 tonnellate e 654 quintali, ma sopra la Francia (12 tonnellate e 699 quintali) e la Germania (15 tonnellate e 69 quintali).
In sintesi, l’Italia deve fare ulteriori sforzi per ridurre la generazione di rifiuti pro capite, ma sta ottenendo buoni risultati rispetto ai suoi partner europei negli altri parametri stabiliti dall’SDG 12 dell’Agenda 2030 delle Nazioni Unite.

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