Author Archives: Silvano Sonnecchia

Come fare il “cambio di stagione” in modo semplice, veloce e razionale

Sia con l’avvio della bella stagione, quando finalmente arriva il momento di poter fare sfoggio dei vestiti più leggeri, sia all’inizio della stagione autunnale, quando occorre riporre gli abiti primaverili ed estivi per fare spazio a sciarpe, cappotti e maglioni, arriva il momento del cosiddetto ‘cambio di stagione’. Un appuntamento fisso almeno due volte l’anno.

Per molte e molti, tuttavia, il cambio di stagione rappresenta un’impresa non da poco, soprattutto per chi ha tanti vestiti da gestire, oppure poco spazio a disposizione.
Ma niente paura, perché lo staff di Lovebrico, lo store online dedicato ai prodotti di edilizia, a quelli per il giardino e per il fai da te, ha scelto di condividere alcuni consigli utili per svolgere questa operazione senza stress, in modo semplice, veloce e razionale.

I consigli per un armadio ordinato e senza stress

Innanzitutto, è necessario svuotare completamente l’armadio. A questo punto, bisogna armarsi di coraggio e fare ‘decluttering’, ovvero, eliminare tutto quanto è superfluo, sia che si tratti di abiti ormai logori, ma ai quali si è ancora affezionati, sia che si tratti di capi che non si indossano mai.

Eliminare vestiti dal proprio guardaroba non significa comunque buttarli nella spazzatura, anzi. Molti vestiti possono infatti essere riciclati, regalati, rivenduti o dati in beneficenza tramite gli appositi cassonetti per la raccolta degli indumenti usati.

Stirare i capi prima di riporli nelle apposite scatole

Un altro aspetto molto importante per poter effettuare il cambio di stagione con razionalità è legato all’organizzazione.

Stilare una lista dei capi presenti nel proprio guardaroba, così come stirare bene i vestiti per poterli riporre meglio o conservarli all’interno delle apposite scatole per armadio, aiuta a mantenere l’ordine, e a non rovinare gli abiti.

Armadi, cassettiere, scarpiere per ogni esigenza di archiviazione

Naturalmente, anche la scelta dell’armadio è importante per poter fare il cambio di stagione in modo più semplice. A questo proposito, Lovebrico offre un’ampia possibilità di scelta, proponendo prodotti per tutte le esigenze, dall’armadio aperto con un design minimal e moderno, all’armadio a due ante. E, ancora, l’ armadio a tre ante e due cassetti e l’armadio a due ante scorrevoli offrono un buon spazio di archiviazione senza appesantire l’ambiente.

Per riporre vestiti, intimo, maglieria e calzature, invece, è possibile acquistare la ‘cassettiera rovere’ e la ‘scarpiera ingresso’, che si distinguono per il design ricercato e la praticità di utilizzo.

La sicurezza delle donne? Una priorità sociale

La sicurezza delle donne è un imperativo categorico per raggiungere la piena parità di genere, a maggior ragione in una società che dovrebbe essere civile. Tuttavia, una recente ricerca condotta da BVA Doxa ed Europ Assistance Italia mette in luce una realtà sconcertante: nonostante l’attenzione crescente, persistono le minacce alla sicurezza personale femminile.

L’emergenza è evidente sin dalle prime risposte: otto donne su dieci considerano la sicurezza femminile estremamente importante, sia a livello individuale che sociale. Si tratta dunque di un tema che richiede quindi azioni concrete e immediate.

Cosa non va nelle attuali misure

La ricerca rivela un diffuso dissenso sulle attuali misure di protezione e sulle pene per gli atti di violenza. Circa il 70% del campione le considera inefficaci e inadeguate. La scarsa fiducia nelle istituzioni giudiziarie e politiche aggrava ulteriormente il percepito.

L’allerta resta alta 

Nonostante i passi in avanti dell’emancipazione femminile, il 59% delle intervistate non ritiene che questo abbia ridotto i rischi per la propria sicurezza. In particolare, le intervistate riconoscono una problematica nell’assenza di percorsi educativi e di sensibilizzazione sul tema. L’allerta resta molto alta, anche perchè una donna su due non si sente adeguatamente protetta nel proprio ambiente, soprattutto nelle grandi città. Determinate aree urbane e gli orari serali e notturni generano le maggiori preoccupazioni. Addirittura 4 donne su 10 non si sentono tranquille nemmeno sui mezzi pubblici, mentre circa 1/3 del campione manifesta timori anche riguardo al mondo dei social network.

L’impatto sulla vita quotidiana

Il 40% delle donne vive con la costante preoccupazione per la propria sicurezza. Un sentimento che influenza negativamente lo stile di vita e diverse abitudini. Molte ragazze si sentono costrette a evitar comportamenti considerati “rischiosi”, come frequentare determinate zone della città o interagire con gli sconosciuti.

Pochissime denunce

Il 59% delle donne ha subito almeno un episodio di violenza nella propria vita, spesso di natura psicologica o verbale. Tuttavia, solo una minoranza ha denunciato tali eventi alle autorità competenti. Questo dato mette in tragica evidenza come sia difficile, per tanti motivi, l’accesso alla giustizia. In conclusione, la ricerca evidenzia la necessità di interventi immediati e mirati per garantire la sicurezza delle donne, fondamentale per una società equa e sana.

Pagamenti digitali: 444 miliardi di transato nel 2023, +12%

Dopo il biennio 2021-2022, che ha definito un cambiamento strutturale nelle abitudini dei consumatori, la crescita dei pagamenti digitali in Italia sta tornando lentamente verso ritmi antecedenti alla crisi pandemica.
Nel 2023 il transato con strumenti di pagamento digitale ha registrato 444 miliardi di euro, un valore che include sia pagamenti basati su carte e wallet (436 miliardi di euro transati, +12% vs 2022), sia pagamenti basati su conto corrente (8 miliardi, circa +20%). 

Secondo l’Osservatorio Innovative Payments della School of Management del Politecnico di Milano, oggi quasi 8 transazioni digitali su 10 in negozio vengono effettuate in modalità ‘tap&go’ con carte fisiche contactless o dispositivi dotati di tecnologia NFC, che raggiungono un valore di transato pari a 240 miliardi.

Il Buy Now Pay Later

Sul totale dei consumi, i pagamenti digitali arrivano a costituire il 40% del valore, un’incidenza di poco inferiore a quella del contante.
A livello europeo, la crescita del nostro Paese non è ancora sufficiente per scalare posti in classifica. L’Italia rimane al 24° posto su 27 nella classifica della BCE per numero di transazioni pro capite con carta registrate nel 2022.

Un altro fenomeno in grande ascesa è il Buy Now Pay Later (BNPL). Nel 2023 nel nostro Paese il transato con questa forma di pagamento ha raggiunto 4,6 miliardi di euro, attestandosi, nella sua componente online, al 6,5% di penetrazione sul totale del mercato e-commerce nazionale.
Inoltre, il 14% degli italiani lo ha già utilizzato, principalmente per acquisti online.

Il futuro dei pagamenti digitali

Negli ultimi anni gli Alternative Payment Methods (APM), i pagamenti che non passano per i circuiti tradizionali come quelli delle carte, stanno guadagnando sempre più interesse da parte del mercato e delle Istituzioni.

Il grado di diffusione degli APM non è però omogeneo a livello globale. In Europa l’offerta di pagamenti alternativi cresce ancora in modo frammentato nei singoli Paesi. È infatti principalmente caratterizzata da servizi che riescono a ottenere buona diffusione locale, ma che si scontrano con maggiori complessità a livello internazionale.
Un’ulteriore spinta innovativa è data dallo sviluppo di nuove tecnologie, prima fra tutte l’Intelligenza artificiale, già diffusa nel mondo dei pagamenti per i processi interni. 

In Italia si affacciano le prime soluzioni Software POS

Oltre all’AI, si guarda all’evolversi del trend dell’Open API, già avviato dalla PSD2, all’Internet of Things fino alle criptovalute e la tecnologia blockchain, che grazie alla definitiva approvazione della Markets in Crypto-Asset regulation (MiCAr), vedono un interesse crescente da parte di aziende e consumatori.

Anche l’Italia vede all’orizzonte nuove tecnologie e nuovi device che influenzeranno il modo in cui si effettueranno e accetteranno pagamenti.
Nel 2023 cominciano a prendere piede le prime soluzioni Software POS. Numerosi operatori del mondo dei sistemi cassa, hanno infatti iniziato a distribuire agli esercenti questo tipo di prodotti, utilizzabili sia come strumenti stand-alone sia in affiancamento ai dispositivi POS fisici già installati.

Per il Made in Italy gli italiani pagano anche il 20% in più

Se il valore del brand Made in Italy è sempre più riconosciuto in tutto il mondo, gli italiani sono disposti a pagare qualcosa in più per avere prodotti autentici e di qualità.
Di fatto, per un prodotto Made in Italy gli italiani sono disposti a spendere anche il 20% in più.

È quanto emerge dalla ricerca condotta da Teleperformance Knowledge Services su un campione di 2mila italiani tra i 18 e 65 anni, rappresentativo della popolazione per genere e area geografica, e commissionata da Made in Italy, il progetto rivolto alla valorizzazione delle eccellenze italiane.
La ricerca è stata presentata ad Ancona nel corso del roadshow ‘Tradizione e innovazione Made in Italy – I protagonisti si raccontano’, tenuto presso la sede di Confindustria. 

Food e fashion i settori dominanti

La fase del processo produttivo ha un impatto molto forte nella connotazione del Made in Italy. Secondo l’85% degli intervistati il prodotto deve essere infatti creato da una azienda italiana in cui tutto il processo produttivo si svolga in Italia. E i settori food (78%) e fashion (69%) dominano la classifica di quelli maggiormente associati al Made in Italy.

Nelle Marche la ricerca ha evidenziato un forte interesse per l’adozione di nuove tecnologie nell’ambito della produzione e del processo produttivo. Questo dimostra un chiaro impegno nell’innovazione per mantenere e rafforzare la competitività nel mercato globale.
Inoltre, l’indagine ha messo in luce un forte legame emotivo e culturale a livello regionale con l’industria manifatturiera, con un’enfasi particolare sulla pelletteria, settore storico e di grande rilievo economico per le Marche.

Un brand che genera valore a livello nazionale

I marchigiani, però, si dicono disposti a spendere fino a un 17% in più per un prodotto Made in Italy, percentuale leggermente sotto la media nazionale, ma che dimostra comunque di dare valore ai prodotti realizzati sul territorio italiano.

“L’indagine conferma che il Made in Italy è uno stile affermato in tutto il mondo e al quale, nonostante una crescente concorrenza con cui ci si confronta sul piano del costo o della imitazione, non vogliamo rinunciare, consapevoli del suo valore in termini di qualità e creatività”, ha evidenziato Roberto Sartori, founder di Made in Italy”.
Secondo Gabriele Albani, ceo di Teleperformance Knowledge Services, la ricerca conferma come il Made in Italy sia “soprattutto generazione di valore per l’economia nazionale”.

Favorire lo scambio di idee per creare valore nel business e il sistema Paese 

L’obiettivo del roadshow, pensato da Roberto Santori, è stato quello di favorire lo scambio di idee per creare valore per il business e il sistema Paese, facendo leva sulle competenze del Made in Italy.

Il neo rettore dell’Università di Camerino, Graziano Leoni, ha concluso i lavori con una riflessione su come le aziende possono approfittare delle opportunità offerte dal PNRR per rafforzare le competenze, soprattutto in ambito di ricerca e tecnologia, e valorizzare i giovani talenti, riporta ANSAcom, in collaborazione con Challenge Network.

Italiani sempre più social: WhatsApp la piattaforma preferita, TikTok conquista posizioni

Gli italiani continuano a dimostrarsi dei fedeli utilizzatori della rete, con una particolare predilezione per i social. Lo evidenzia il report Digital 2024, pubblicato a febbraio da We Are Social in collaborazione con Meltwater. Il rapporto segnala infatti che i nostri connazionali trascorrono più tempo sui social rispetto all’anno precedente (circa 1 minuto in più al giorno), incrementando così la loro quota di tempo complessiva, che comunque rimane al di sotto delle 6 ore.

Aumenta di un minuto anche il tempo dedicato quotidianamente all’ascolto di musica in streaming. Contestualmente, si registra una diminuzione del numero di persone connesse a Internet, con un calo dell’0,3% anno su anno.

Perchè si va on line

Le principali motivazioni che spingono gli italiani ad accedere all’online non subiscono cambiamenti significativi: la ragione più importante si conferma la ricerca di informazioni, sia in senso generale (73%), sia per rimanere aggiornati su cosa accade nel mondo (67,5%), sia per tutorial (62,8%). A livello globale, i servizi digitali più utilizzati sono le app di chat e messaggistica (96,7%), seguite dai social network (94,6%). Tuttavia, la terza posizione nella classifica italiana è occupata dai servizi di shopping, aste e annunci (90,4%), mentre a livello globale questa posizione è ricoperta dai motori di ricerca.

Prosegue il forte consumo di contenuti video: il 91% delle persone dichiara di guardare contenuti dinamici, con una crescita dello 0,4% anno su anno. A trainare questa tendenza sono soprattutto contenuti comici, meme e video virali (+3,7%), oltre ai video musicali (+0,4%). Cresce anche il consumo di highlights e contenuti sportivi (+2,4%), recensioni di prodotti (+1,7%) e video educativi (+0,6%).

Più tempo speso sui social 

In Italia, sono quasi 43 milioni le persone attive sui social, con una penetrazione che si avvicina al 73% ed egualmente divisa fra uomini e donne. Anche se i social rimangono una passione italiana, rispetto all’anno scorso si assiste a un calo dell’2,5% degli utilizzatori. Un calo però compensato dall’aumento del tempo dedicato ai social quotidianamente. Secondo l’analisi di quest’anno, TikTok è l’app di social media su cui le persone trascorrono più tempo, restando sulla piattaforma una media di 32 ore e 12 minuti al mese. Al secondo posto, ma a molta distanza, si piazza  YouTube (18 ore e 15 minuti) e al terzo Facebook (16 ore e 37 minuti).

Le motivazioni dietro all’utilizzo dei social

Le principali motivazioni che spingono le persone a utilizzare i social sono legate all’informazione, al tempo libero e alle relazioni con gli altri (tutte sopra il 40%). È interessante notare come l’intrattenimento puro sia l’unica motivazione in crescita rispetto all’anno precedente (+1,4 punti percentuali). Alle spalle, c’è la ricerca di ispirazione per attività o acquisti (entrambe intorno al 30%).

Meta regina del mondo social

Meta domina la classifica delle piattaforme social più utilizzate: WhatsApp si attesta al 90,3% tra le persone dai 16 ai 64 anni, in aumento rispetto all’anno precedente (+1,3 pp). Seguono Facebook e Instagram, con il 77,5% e il 73,5% rispettivamente. Subito dopo, c’è Messenger, usata dal 50,2%, e Telegram, la piattaforma più utilizzata al di fuori dell’ecosistema Meta (47,7%). TikTok è utilizzata dal 40,8% delle persone, con un aumento rispetto all’anno scorso (+2,8).

WhatsApp è anche la piattaforma social preferita dagli italiani (40,7%). La classifica dei social preferiti presenta leggere variazioni rispetto all’anno precedente, con Instagram che supera Facebook al secondo posto (23,5%). TikTok e Telegram invertono la posizione, così la piattaforma di video brevi sale al quarto posto (6,8%). 

Incidenti informatici? Nella maggioranza dei casi sono dovuti a errori umani 

L’errore umano si rivela essere una delle principali cause di quasi due terzi di tutti gli incidenti informatici degli ultimi due anni. E la “colpa” è soprattutto della mancanza di competenze specifiche. Questo dato, decisamente preoccupante, emerge da un recente studio globale commissionato da Kaspersky.

Il 50% dei professionisti della cybersicurezza, a livello globale, ammette di aver commesso errori all’inizio della propria carriera a causa della mancanza di conoscenze teoriche o pratiche. Questa percentuale aumenta al 60% per coloro che possono vantare un’esperienza minore, ovvero compresa tra i due e i cinque anni.

Senza formazione il rischio aumenta

Un altro studio condotto sempre da Kaspersky evidenzia che, negli ultimi due anni, le organizzazioni aziendali hanno subito almeno un incidente informatico a causa della mancanza di personale qualificato in materia di cybersicurezza. Nonostante la ricerca di personale più preparato e competente possa essere una soluzione, il settore affronta una grave carenza di professionisti della sicurezza informatica. A oggi si tratta di una domanda occupazione che necessita, secondo le stime, di circa 4 milioni di addetti.

I giovani non sono preparati alle sfide che li aspettano

Il gap di competenze in materia di cybersicurezza è aggravato dal fatto che molti neoassunti devono fare i conti con profonde lacune sull’argomento. Tanto che, proprio a causa di questa non conoscenza, vivono difficoltà iniziali e provocano errori nello svolgimento del loro lavoro. Scarso aggiornamento dei software, utilizzo di password deboli e mancata esecuzione tempestiva di backup sono alcuni degli errori comuni commessi all’inizio della carriera.
Le sfide che deve affrontare il settore spiegano il motivo per cui quasi la metà dei professionisti InfoSec ha impiegato più di un anno per sentirsi a proprio agio nel proprio ruolo.

Necessario adottare misure preventive e reattive

Per affrontare il gap di conoscenze, Kaspersky raccomanda misure preventive e reattive. A livello didattico, i programmi di formazione dovrebbero essere aggiornati e più flessibili, creati in collaborazione con gli esperti del settore. Coloro che intendono entrare professionalmente nel mondo della cybersicurezza possono acquisire esperienza attraverso stage in dipartimenti di sicurezza informatica o ricerca e sviluppo.

Dal canto loro, le aziende possono investire in programmi di aggiornamento del personale, aiutando i dipendenti a rimanere competitivi in un contesto in continuo cambiamento.

Un mondo informatico in rapida evoluzione

In conclusione, il report di Kaspersky fornisce approfondimenti sul percorso formativo degli esperti di cybersicurezza e sulle difficoltà iniziali affrontate nella loro carriera, sottolineando l’importanza di un approccio completo all’onboarding e alla formazione continua. Solo così è possibile garantire la sicurezza informatica in un mondo digitale in rapida evoluzione.

Lavoro: l’occupazione cresce, ma cambia la relazione con le priorità della vita

È quanto emerge dal Rapporto ‘Il senso del lavoro nella comunità produttiva e urbana di Bologna’, realizzato dal Censis con la collaborazione di Philip Morris: fra il terzo trimestre 2022 e il terzo trimestre 2023 l’occupazione in Italia è aumentata di 470.000 unità.
Tutti gli indicatori che riguardano le componenti dell’occupazione, dipendente e indipendente, mostrano un segno positivo. Il solo segno negativo è riconducibile a contratti di lavoro a termine, che si riducono in dodici mesi di 89.000 unità (-2,9%).

Ma per il 62,7% degli italiani il lavoro oggi non è centrale nella vita. E il 76,2% dei giovani scambierebbe solo a caro prezzo un’ora di tempo libero con un’ora di lavoro.
Di fatto, per l’80% degli occupati in passato si è chiesto troppo a chi lavora. Ora è il momento di pensare più a sé stessi. 

Quasi dieci italiani su cento troppo scoraggiati per cercare un’occupazione

D’altra parte, nel giro di dieci anni, fra il 2012 e il 2022, la base occupazionale formata da giovani con un’età compresa fra 15 e 34 anni si è ridotta di circa 360.000 unità, mentre i lavoratori con almeno 50 anni sono aumentati di 2,7 milioni. 

Inoltre, la mancata partecipazione al mercato del lavoro conta oggi 12 milioni e 434.000 persone (quasi otto milioni donne), che pur essendo in età lavorativa, non lavorano e non sono alla ricerca di un lavoro.
Quasi dieci italiani su cento dichiarano di non partecipare al mercato del lavoro perché scoraggiati dagli esiti negativi della ricerca di un lavoro (prevalentemente donne).

Il lavoro c’è, ma sottopagato

Tre quarti degli italiani (76,1%) condividono l’affermazione secondo la quale in Italia il lavoro c’è, ma è poco qualificato e sottopagato.
Il 76,2% dei giovani è convinto che un impegno aggiuntivo di un’ora di lavoro deve avere un compenso tale da giustificare la rinuncia a un’ora di tempo libero, e l’80% degli italiani occupati vede nel lavoro un fattore, che soprattutto in passato, ha portato a trascurare gli interessi personali, tanto da porre il proprio benessere in secondo piano (79,8% giovani, 80,8% 35-64enni).

Fra chi è alla ricerca di un nuovo lavoro, il 36,2% indica come motivazione principale ottenere un guadagno più elevato rispetto a quello corrente, per il 36,1% la ricerca di un nuovo lavoro è stimolata dalla necessità di vedere riconosciuto il livello di competenze acquisito e da una maggiore prospettiva di carriera.

Un contributo personale alla collettività

Il profilo di ciò che rappresenta il lavoro per i dipendenti può essere evidenziato attraverso tre elementi.
Il primo è il lavoro come diritto, ma anche come contributo personale a qualcosa che supera i confini del posto di lavoro e trova un riscontro anche nella collettività (lo afferma un dipendente su quattro).

Il secondo, è il lavoro come fattore di indipendenza (43,2%), con particolare rilevanza per la componente femminile dell’occupazione (57,6%).
Il terzo, il lavoro come fattore di sicurezza economica (41,1%), che possa però essere svolto in un ambiente lavorativo meritocratico (48,6%).

Privacy: Google “scollega” la condivisione automatica dei dati sulle sue piattaforme in Europa

Google ha deciso di ‘scollegare’ la condivisione automatica dei dati degli utenti della UE sulle sue piattaforme, quali YouTube, Search, Google Play, Chrome, Google Shopping, Google Maps e i servizi pubblicitari.
La modifica alla policy annunciata dal gigante di Mountain View è un provvedimento che permetterà agli utenti in Europa di decidere con precisione in che misura sono disposti a condividere i propri dati.

Si tratta di una nuova politica in risposta all’Atto dei Mercati Digitali della UE (DMA), che permette agli utenti di Google di optare per la non condivisione dei dati su tutti, alcuni o nessuno dei servizi offerti dal motore di ricerca. 

Non basta però a conformarsi del tutto al nuovo DMA 

Tuttavia, riporta Adnkronos, la policy non è totale. Google continuerà infatti comunque a condividere i dati degli utenti quando sia necessario per completare un’operazione, come, ad esempio, quella di effettuare un acquisto su Google Shopping tramite Google Pay, al fine di ottemperare alla legge, prevenire frodi o proteggersi dagli abusi.

In realtà non si tratta della modifica più significativa che Google dovrà apportare per conformarsi al DMA, che entrerà in vigore il 6 marzo prossimo. La legge prevede anche regole aggiuntive sull’interoperabilità e sulla concorrenza. Ad esempio, Google dovrà smettere di trattare i propri servizi in maniera più favorevole rispetto ad altri servizi di terze parti nella classificazione di Search.

L’antitrust USA contro il colosso di Mountain View 

La UE non è l’unica ad avere sollevato preoccupazioni riguardo alle enormi quantità di dati degli utenti raccolte da Google.
Negli Stati Uniti, il Dipartimento di Giustizia ha citato in giudizio la società californiana in quello che è probabilmente il più grande processo antitrust nel paese dal caso contro Microsoft negli anni ‘90.

In uno dei suoi argomenti, il Dipartimento di Giustizia ha sostenuto che la grande quantità di dati degli utenti raccolti da Google nel corso degli anni ha portato a un meccanismo atto a garantire che l’azienda rimanga il motore di ricerca leader nel mondo.

Un dilemma per gli utenti europei: proteggo i miei dati o trovo il ristorante più vicino?

Tuttavia, le nuove modifiche introdotte da Google a causa del DMA comporteranno alcuni compromessi per gli utenti che vogliono proteggere i propri dati.
L’azienda ha fatto notare che se un utente decide di scollegare Search, YouTube e Chrome, ciò influenzerà le raccomandazioni personalizzate su YouTube. 

Se invece Search e Maps vengono scollegati, Google Maps non sarà più in grado di suggerire luoghi (come, ad esempio, ristoranti) in base alle attività precedenti.
Gli utenti di Google dovranno scegliere tra la loro privacy e la comodità di avere i servizi Google connessi tra loro. Ma, almeno in Europa, avranno la possibilità di essere più precisi nel definire dove ‘tracciare la linea’.

Adolescenti e social media: Meta introduce nuovi sistemi di protezione 

Meta, la società dietro Facebook e Instagram, ha annunciato l’introduzione di nuovi strumenti mirati a offrire esperienze online più adeguate all’età degli adolescenti. Queste iniziative, in conformità con le raccomandazioni degli esperti, prevedono l’implementazione di impostazioni di controllo più restrittive per i contenuti su entrambe le piattaforme, oltre a nuovi avvisi per incoraggiare i teenager a regolare le proprie impostazioni sulla privacy.

Obiettivo sicurezza per i più giovani 

L’obiettivo principale di Meta è garantire esperienze online sicure e appropriate all’età degli adolescenti. Per raggiungere questo scopo, l’azienda ha sviluppato oltre 30 strumenti e risorse per sostenere sia gli adolescenti sia i loro genitori. Tali sforzi sono in linea con l’impegno di lunga data di Meta nel gestire contenuti che violano le regole o possono risultare sensibili.

Tra l’altro, recita una nota del colosso tecnologico, Meta si consulta regolarmente con esperti di sviluppo, psicologia e salute mentale degli adolescenti per migliorare la sicurezza e il benessere sui social media. L’azienda vuole comprendere meglio quali contenuti potrebbero essere meno adatti per gli adolescenti e agisce di conseguenza.

Rimozione di contenuti sensibili

Ora, Meta implementa ulteriori livelli di protezione per i contenuti che i ragazzi visualizzano su Instagram e Facebook. Ad esempio, contenuti che richiamano pensieri di autolesionismo verranno rimossi dalle esperienze degli adolescenti. Questa azione si estende ai Feed, alle Storie, a Reels e a Esplora, garantendo una maggiore protezione per gli utenti nell’età più delicata. Rachel Rodgers, Professore Associato presso l’Università Northeastern, commenta positivamente queste politiche, definendole un passo importante per creare spazi online sicuri per gli adolescenti.

Queste politiche sono il risultato di consulenze con esperti e riflettono le conoscenze attuali in materia di sicurezza e benessere dei giovani.

Sostenere le persone in difficoltà

Meta continua a condividere risorse fornite da organizzazioni esperte quando vengono pubblicati contenuti relativi a temi sensibili, come ad esempio i disturbi alimentari. Si tratta di un impegno che ha lo scopo di fornire supporto e informazioni utili alle persone in difficoltà. 

Aggiornamenti delle impostazioni e novità per le ricerche 

Per i minori di 18 anni, Meta attiva automaticamente le impostazioni di controllo dei contenuti più restrittive su Instagram e Facebook. Queste impostazioni, denominate “Controllo dei contenuti sensibili” su Instagram e “Riduci” su Facebook, rendono più difficile incappare in contenuti sensibili nelle sezioni Cerca ed Esplora.

Gli adolescenti riceveranno nuove notifiche per aggiornare su Instagram le impostazioni sulla privacy. Queste notifiche incoraggiano i giovanissimi a vivere l’esperienza in modo più consono alla loro età, limitando chi può ripubblicare, taggare o menzionare i loro contenuti.

Le parole che hanno definito il mondo nel 2023

Dall’inflazione al peggioramento dell’emergenza climatica all’escalation dei conflitti internazionali il 2023 è stato un anno pieno di avvenimenti. Sono stati però anche mesi colmi di innovazioni tecnologiche e nuovi trend, ognuno accompagnato da termini ed espressioni peculiari entrate a far parte del dibattito pubblico.

Babbel propone quindi l’annuale retrospettiva linguistica delle parole protagoniste del 2023. A partire dai blockbuster ‘Barbie’, per la regia di Greta Gerwig, e ‘Oppenheimer’ di Christopher Nolan, usciti nelle sale il 21 luglio 2023, alle parole che riguardano clima, ambiente e disastri naturali, come Wildfire, usato nel mondo anglosassone per descrivere gli incendi, Stato di emergenza, e Ciarán, il nome del ciclone che a novembre si è abbattuto con particolare veemenza su Regno Unito, Francia, Spagna e Italia.

War fatigue e Ceasefire

La parola War fatigue, che significa letteralmente ‘stanchezza da guerra’, si riferisce invece al progressivo disinteressamento da parte dell’Occidente nei confronti delle sorti dell’Ucraina. A quasi due anni dall’invasione russa molti temono di non poter più contare sull’appoggio promesso.

Ceasefire (letteralmente, ‘cessate il fuoco’), è un’espressione inglese adottata in tutto il mondo in seguito all’aggravarsi della situazione israelo-palestinese nell’autunno 2023.
Chi invoca il ceasefire chiede perciò che vengano sospese tutte le attività militari per un determinato periodo di tempo nella zona colpita dal conflitto.

Deepfake e Coronation

Il 2023 è stato l’anno del boom mediatico dell’AI, con il lancio di nuovi strumenti resi accessibili al pubblico accompagnati dal diffondersi di una grande quantità di neologismi.
Tra questi, ‘deepfake’, che ha fatto il giro del web quando hanno cominciato ad apparire online video e immagini sintetici manipolati digitalmente per sostituire le sembianze di una persona con quelle di un’altra.

Ma il 6 maggio 2023, a settant’anni dall’incoronazione di Elisabetta II, quella di Charles III, Re del Regno Unito e di altri 14 regni del Commonwealth, è stata in grado di attirare l’attenzione di molti spettatori anche al di fuori dello Stato insulare.
Tra gli ospiti dell’Abbazia di Westminster si sono potuti contare i membri di altre famiglie reali d’Europa, leader politici internazionali, attori e pop star.

Sommergibile, Granchio blu, JJ4, Amarena e Bambotto

Il 18 giugno 2023 si perdevano le tracce del sommergibile Titan con a bordo cinque persone dirette a esplorare il relitto del Titanic, a circa quattro chilometri sotto il livello del mare. Ma in pieno Antropocene, l’era dominata dall’essere umano, capita che gli animali facciano sentire la propria presenza in maniera inattesa e talvolta scomoda.

Così ha fatto parlare di sé nei mesi estivi il granchio blu, piccolo crostaceo originario dell’Atlantico che ha ‘invaso’ il Mediterraneo, riporta Askanews. Ma hanno fatto discutere anche le orse JJ4 e Amarena, e il cervo Bambotto, protagonisti di episodi cruenti che hanno riacceso le discussioni in merito alla convivenza tra animali selvatici ed essere umano. Nonché all’impatto del cambiamento climatico sull’habitat di molte specie.

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