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Il Video Entertainment decolla e supera 1,3 miliardi

Il mercato italiano del Video Entertainment negli ultimi 12 mesi ha oltrepassato quota 1,3 miliardi di euro, e la sua componente principale è rappresentata dalla spesa dei consumatori (61%). A differenza di qualche anno fa, in cui la raccolta pubblicitaria era la prima fonte di remunerazione, la fruizione di contenuti in abbonamento o in acquisto singolo sfiora i 3 miliardi di euro, +21% sul 2020.  A fruire digitalmente di contenuti video sono 4 internet user italiani su 5 (+7%) e 1 su 2 dichiara di farlo anche a pagamento. E’ questo uno sviluppo che ha mutato profondamente la filiera produttiva e distributiva, aprendo a nuovi scenari competitivi. Si tratta di alcune evidenze emerse dall’Osservatorio Digital Content della School of Management del Politecnico di Milano.

Più di 800 milioni di euro spesi per fruire di contenuti premium

Nel 2021 gli italiani hanno speso poco più di 800 milioni di euro per fruire di contenuti premium, +39% rispetto al 2020, quando il tasso di crescita era stato addirittura del +62%. La quasi totalità della spesa del consumatore italiano proviene dalla sottoscrizione di abbonamenti a piattaforme distributive (SVOD), mentre il modello TVOD, basato su acquisto o noleggio di singoli contenuti, seppur in crescita, genera una piccola percentuale della spesa complessiva.
Torna poi a crescere anche la raccolta pubblicitaria (ADV) associata alla distribuzione dei video d’intrattenimento. Dopo un 2020 di sostanziale stasi nel 2021 si registra infatti un incremento del +11% dell’advertising, per un valore complessivo di circa 510 milioni di euro. 

Le sfide per i player del settore

Si tratta di un mercato ancora in forte espansione che non ha terminato il suo percorso evolutivo, e lo scenario continuerà a mutare in virtù delle sfide che i player dovranno affrontare nel prossimo futuro. Alcune sono di carattere endogeno, legate all’evoluzione dell’offerta, dei modelli di business, e allo sviluppo tecnologico. Un esempio, è il continuo ingresso sul mercato di nuovi player OTT generalisti, con un’offerta verticalizzata, o l’ampliamento dell’offerta di player esistenti su determinati contenuti. Inoltre, si assiste a un rafforzamento nel paniere di consumo dei video d’intrattenimento condivisi sui social, in particolare dei contenuti User Generated Content (UGC).

Un mercato in mutamento

Nascono poi nuovi modelli di business volti a riproporre la logica di programmazione lineare applicata alla distribuzione in streaming, e cresce l’attenzione alla User Experience (UX), con investimenti in contenuti interattivi, esperienze personalizzate e funzionalità di visualizzazione sociale e condivisa (co-viewing o social-viewing). Tra le variabili esogene, il passaggio al nuovo digitale terrestre per la trasmissione dei canali TV consentirà un cambiamento delle abitudini di consumo degli italiani verso un approccio di fruizione on-demand sulle piattaforme OTT. Inoltre, il lancio del 5G, migliorando le performance di rete, contribuirà sia a rafforzare la fruizione digitale di contenuti video su dispositivi mobili sia a rafforzare le potenzialità e la diffusione del live streaming.

Arriva la certificazione della parità di genere

I dati statistici in Italia mostrano un tasso di partecipazione delle donne al mondo del lavoro inferiore rispetto alla media europea, in cui persiste e si amplifica ulteriormente la ‘child penalty’. Inoltre, da quanto emerge dal Rapporto annuale dell’Osservatorio mercato del lavoro e competenze manageriali di 4.Manager, a oggi le posizioni manageriali femminili sono solo il 28% del totale. Uno scenario aggravato dalla pandemia, che ha avuto l’effetto di rallentare il processo di superamento del gender gap nel mercato del lavoro. Dal 1° gennaio 2022 però entra in vigore la nuova legge sulla parità retributiva, che istituisce per le aziende la ‘certificazione della parità di genere’ e lo sgravio contributivo per chi ne è in possesso.

I numeri delle posizioni manageriali femminili

Nel 2020, il tasso di partecipazione delle donne al mondo del lavoro è stato del 53,1 %, con un divario di genere del 19%.  Nelle posizioni manageriali femminili i numeri mostrano uno scenario altrettanto difficile: su 605mila posizioni solo il 28% è affidato a figure femminili (fonte Inps), quota che si riduce al 18% per le posizioni regolate da un contratto da dirigente, ferme allo 0,3% da 10 anni. L’analisi condotta dall’Osservatorio su un campione di circa 17mila imprese indica che l’83,5% è a conduzione maschile, il 12,2% a conduzione femminile e il restante 4,3% a conduzione paritaria. Le imprese dove la conduzione femminile è più diffusa sono Pmi e microimprese, e si concentrano soprattutto al Sud e nelle Isole. Quanto ai settori, Manifatturiere (52,9%), Sanità e Assistenza Sociale (29,8%).

Contrastare la disparità significa soprattutto affrontare gli stereotipi di genere

Degli oltre 44mila consiglieri aziendali solo il 19% è donna, e la carica di Presidente e AD è affidata a una donna solo nel 12% dei casi. Per l’Amministratore unico, la percentuale femminile sale al 22,5% ed è legata a una più ridotta dimensione aziendale. Per gli intervistati contrastare la disparità di genere significa soprattutto affrontare ‘Gli stereotipi di genere’ (69,6%), ‘Il gap retributivo’ (58,9%) e ‘Il basso numero di donne nelle posizioni di potere’ (57,4%). Le leve aziendali da manovrare per mitigare il gap di genere sono lo stile di leadership, il modello organizzativo, il people management, il welfare aziendale.

Stanziati 10 milioni di euro per il Fondo impresa Donna

Il Pnrr però, riporta Adnkronos, favorirà l’ingresso al lavoro e percorsi di carriera delle donne finalizzati all’assunzione di ruoli di responsabilità. La valutazione di alcuni strumenti contenuti nel Piano ha restituito la seguente graduatoria: promozione e sostegno all’avvio di attività imprenditoriali femminili, sostegno alla realizzazione di progetti aziendali innovativi per le imprese a conduzione femminile o prevalente partecipazione femminile, creazione del Fondo impresa Donna, il sistema nazionale di certificazione della parità di genere, per il quale il Pnrr ha già stanziato 10 milioni di euro.

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