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Come prenotare le vacanze su Internet in sicurezza?

Dopo un anno di lavoro finalmente è arrivato il momento di partire per le ferie. In questo periodo dell’anno si assiste a un forte aumento delle prenotazioni di viaggi. E se Internet è il mezzo più utilizzato per prenotare soggiorni, hotel, treni e aerei, allo stesso tempo rappresenta anche una ghiotta opportunità per gli hacker estivi. I criminali informatici sono particolarmente abili a creare offerte irresistibili. Singoli criminali o vere e proprie organizzazioni rubano infatti i dati delle carte di credito o i risparmi messi da parte per le partenze estive. Per questo, Cisco ha stilato una lista di consigli per contrastare le minacce informatiche e difendersi da truffe e furti di dati.

Se un’offerta è troppo vantaggiosa probabilmente è falsa

Anzitutto, siate sospettosi: prendetevi tempo per fare qualche ricerca prima di procedere all’acquisto. L’azienda è affidabile? Sul sito ci sono errori di ortografia? Esistono recensioni? Fate attenzione anche a messaggi inaspettati o a offerte troppo vantaggiose, controllate bene l’URL del sito e ricordate che se un’offerta è troppo vantaggiosa, molto probabilmente è falsa. Quanto agli acquisti online, come ad esempio un nuovo costume prima di partire, la crema solare, o un regalo per i parenti che non vediamo da tempo, prestare sempre attenzione ai siti per lo shopping, affidandosi a quelli più conosciuti.
Stare poi alla larga dai domini di primo livello con estensione bid, top, e trade.

Quale metodo di pagamento è più sicuro?

In questo periodo, poi, attenzione a carte regalo e buoni sconto,i metodi preferiti dagli hacker per spingere a cliccare su un link malevolo. Ma quale metodo di pagamento usare? È sempre preferibile la carta di credito, che offre spesso maggiore protezione in caso di frode, o servizi quali Apple Pay, Google Pay, PayPal o Satispay, che permettono di usare un token al posto del numero di carta di credito. In ogni caso, ricordarsi di impostare gli alert sul conto bancario. Quanto allo smartworking estivo, la maggior parte delle aziende fornisce policy chiare su come comportarsi. Utilizzare una VPN, l’accesso multi-factor e gli account aziendali per le comunicazioni di lavoro sono alla base di un comportamento sicuro.

Security per le aziende

Per inviare comunicazioni, file e interagire con colleghi, partner e clienti sfruttate quindi gli strumenti di collaboration messi a disposizione dall’azienda. Non utilizzate le reti pubbliche, e controllate che i vostri dispositivi e le app siano sempre aggiornate. Il recente Cybersecurity Readiness Index, il report Cisco che mostra la preparazione e la resilienza delle aziende nei confronti della criminalità informatica, ha rivelato che solo il 7% delle aziende italiane è in grado di difendersi dalle minacce informatiche.
Il report segnala anche che il 75% degli intervistati si aspetta nei prossimi 12-24 mesi un’interruzione della propria attività a causa di un attacco, mentre il 31% ne ha subito uno nel corso dell’ultimo anno.

Mercato immobiliare: nel 2023 segnali di “appannamento”

All’interno dello scenario macroeconomico le famiglie italiane si trovano improvvisamente più fragili, con una propensione al risparmio crollata su valori nuovamente esigui. A ciò si accompagna il continuo rialzo dei tassi d’interesse, che preclude a molti la possibilità di accedere al necessario sostegno creditizio. La conseguenza dell’accresciuta rischiosità associata dalle banche agli impieghi immobiliari porta a un calo delle erogazioni, con inevitabili ricadute sull’attività transattiva in tutti i comparti.
Di fatto, il mercato immobiliare italiano mostra inequivocabili segnali di appannamento. Nel primo semestre 2023 la risposta dei valori immobiliari è improntata alla rigidità (+1% per le abitazioni), e l‘andamento dell’inflazione fa sì che l’incremento non sia riuscito a garantire un’effettiva salvaguardia in termini reali. È quanto emerge dal 2° Osservatorio sul Mercato Immobiliare 2023 di Nomisma.

Andamento dei prezzi differenziato

La lieve variazione positiva che investe i valori immobiliari delle abitazioni è l’esito di aspettative di crescita dei prezzi da parte dell’offerta. Questo suggerisce la presenza sul mercato di una domanda ancora disponibile a interiorizzare gli aumenti imposti dalla parte offerente.
Tuttavia, all’interno dei vari mercati, l’andamento dei valori mostra differenze dovute principalmente allo sfasamento temporale che caratterizza le fasi di inversione del ciclo immobiliare. Ad esempio, se a Venezia Laguna i prezzi calano per il terzo semestre consecutivo, a Milano la variazione risulta doppia rispetto a quella media (+2,2% semestrale). Inoltre, l’indagine evidenzia come in media per vendere un’abitazione siano necessari 5,2 mesi. 

Crescono le locazioni brevi

Considerando invece il mercato della locazione, emerge una crescita per il quarto semestre consecutivo (+1,7%). 
Complessivamente le abitazioni locate nel 2022 ammontano a poco meno del 6% dello stock disponibile. Nello specifico, le locazioni di medio-lungo periodo segna una flessione di oltre il 4% per i contratti ordinari e -1,5% per quelli di tipo agevolato. La componente di breve periodo, al contrario, aumenta del +0,6% gli immobili locati a canone libero.  Le variazioni più importanti riguardano Bologna (+3,7%), Cagliari, Catania, Padova e Torino (+2%).  L’aumento più sostenuto dei canoni ha comportato un innalzamento dei rendimenti medi, che in media sono dell’ordine del 5,2% lordo annuo.

Poco interesse da parte degli investitori stranieri

La domanda composta da famiglie, lavoratori, studenti e turisti compete a un’offerta privata troppo esigua e sempre più orientata a privilegiare soluzioni più remunerative, come gli affitti brevi. Gli investitori istituzionali potrebbero coprire almeno in parte il fabbisogno in locazione, anche se al momento continuano a manifestare un interesse decisamente tiepido verso il settore residenziale.
Quanto alla componente corporate l’orientamento è improntato alla prudenza da parte degli investitori stranieri. Che determina un crollo degli investimenti, passati dai 6,2 miliardi di euro del primo semestre 2022 ad appena 2 miliardi di euro nel primo semestre 2023. 

Energia: l’aumento dei prezzi colpisce le famiglie più deboli

L’Italia è stata uno dei paesi più colpiti dagli aumenti dei prezzi energetici, in particolare per quanto riguarda l’energia elettrica. Il prezzo per uso domestico, che nel secondo semestre 2020 era più basso di quello di Germania e Spagna, ha subito nell’arco di due anni un incremento così ampio (+72,4%) da diventare il più alto tra le maggiori economie europee. A quanto emerge dal Rapporto annuale 2023 dell’Istat l’impatto della crescita dei prezzi dei beni energetici è stato relativamente più pesante per le famiglie con più bassi livelli di spesa. L’inflazione misurata dall’indice Ipca relativa ai beni energetici per le famiglie con i livelli di spesa più bassi è stata infatti superiore di oltre 13 punti a quella registrata per le famiglie con i livelli di spesa più alti (rispettivamente, +60,6% e +47,5%).

Il 10,1% dei nuclei a rischio povertà non riesce a pagare le bollette

In Italia, nel 2022, il 17,6% delle famiglie a rischio di povertà dichiara di non essere in grado di riscaldare adeguatamente l’abitazione, mentre il 10,1% dichiara arretrati nel pagamento delle bollette. Tra le maggiori economie europee solo la Germania mostra un’incidenza più bassa per entrambi gli indicatori. Le famiglie che hanno una spesa energetica troppo elevata unite a quelle il cui reddito scende sotto la soglia di povertà, una volta fatto fronte alle spese energetiche, sono l’8,9% delle famiglie residenti in Italia, e il 27,1% di quelle che ricevono in bolletta i bonus sociali.

L’impatto dei bonus sociali

I bonus sociali sono stati pensati per mitigare l’impatto sulle famiglie della crescita dei prezzi dei beni energetici. L’importo medio dei bonus sociali (elettricità e gas insieme) è stimato, nel 2022, a 992 euro per famiglia beneficiaria, e oltre il 90% del valore totale della spesa per i bonus erogati è destinata alle famiglie appartenenti ai primi due quinti di reddito, le più povere.
Le famiglie ancora in povertà energetica dopo aver ricevuto il bonus sono il 25,1%. L’effetto del bonus nella riduzione della povertà energetica si attesta, quindi, su 2 punti percentuali.

Lotta alla povertà energetica e transizione ecologica equa

Nel medio periodo il processo di transizione ecologica è però destinato a modificare radicalmente le fonti e i prezzi dell’energia. Anche in virtù della sperequazione nell’impatto della variazione dei prezzi energetici, “non si può dare per scontato che i costi e i benefici di questo processo siano distribuiti in modo equo tra le diverse fasce di popolazione”, sottolinea l’Istat. E la lotta alla povertà energetica è un aspetto chiave delle recenti strategie di policy della Commissione Europea per favorire una transizione ecologica equa.

Sai quanto cibo sprechiamo? 20 chili all’anno!

Ogni famiglia italiana spreca in media quasi 20 chili di cibo all’anno. Il verdetto è stato formulato in base ai dati dell’Osservatorio sprechi alimentari del Crea, presentati dalla Società italiana di nutrizione umana (Sinu) al XLIII congresso nazionale. Per combattere lo spreco alimentare, la Sinu ha sviluppato un decalogo di comportamenti virtuosi, che vanno dalla pianificazione degli acquisti fino al riutilizzo degli avanzi e ai benefici della dieta mediterranea per la salute e il risparmio.

Italiani meno “spreconi” di Spagnoli e Tedeschi

Analizzando nel dettaglio i dati dell’Osservatorio sprechi, emerge che nel 2018 gli italiani hanno sprecato in media 370 grammi di cibo a settimana per famiglia. Questo dato è simile a quello dell’Olanda (365 g/settimana), ma inferiore a quello di Spagna (534 g/settimana), Germania (534 g/settimana) e Ungheria (464 g/settimana). Riguardo alle tipologie di spreco, in Italia si butta principalmente cibo completamente inutilizzato (43,2% rispetto al 31% della quantità sprecata), mentre siamo meno propensi a gettare gli avanzi del piatto (14,6% contro il 20%) e i prodotti aperti ma non ancora scaduti (30,3% contro il 36%). Nel 2021, lo spreco domestico è aumentato arrivando a 420 grammi a settimana per famiglia.

Le famiglie monocomponenti, giovani e benestanti buttano di più 

La dimensione familiare e lo spreco alimentare sono correlati, ma osservando i dati pro-capite si nota una maggiore tendenza allo spreco nelle famiglie monocomponenti. Inoltre, i segmenti di età più giovane e le famiglie con maggiori disponibilità economiche tendono a sprecare una quota maggiore di cibo. Tuttavia, le famiglie sono consapevoli dell’impatto negativo dello spreco su diversi livelli. L’impatto economico è quello maggiormente percepito (70%), seguito da quello sociale (conseguenze sulla disponibilità di cibo nel mondo, 59%) e ambientale (55%).

Una buona pianificazione evita… la pattumiera

Il decalogo proposto dagli esperti per promuovere comportamenti virtuosi include: pianificare il menù settimanale, definire le quantità da acquistare e cucinare, evitare acquisti d’impulso o in eccesso, fare la spesa dopo aver mangiato e mai a stomaco vuoto, imparare a riconoscere se un alimento è ancora buono, imparare a leggere le etichette, riutilizzare gli avanzi, seguire la dieta mediterranea, preferire monoporzioni o porzioni ridotte ed educare le nuove generazioni. Si tratta di piccoli gesti, di semplici abitudini da adottare per contrastare un fenomeno davvero “brutto”, oltreché costoso.

Libri usati: li leggono oltre 18 milioni di italiani

Sono sempre di più gli italiani che scelgono di rivolgersi al mercato second hand per acquistare i libri. E tra i generi letterari preferiti spiccano in particolare i grandi classici della letteratura, apprezzati da oltre 18 milioni di lettori italiani (47,8%). Ben posizionati risultano però anche i saggi e i libri per bambini, rispettivamente scelti da 8,9 milioni (23,6%) e 7,6 milioni (20,2%) di utenti.
Emerge da un’indagine sulle abitudini e i comportamenti di acquisto degli utenti italiani legati al mondo dei libri condotta, in occasione del Salone Internazionale del Libro di Torino, da Wallapop, piattaforma per la compravendita di prodotti second hand, in collaborazione con Mup.

Con il second hand è facile imbattersi in offerte imperdibili

Sull’aspetto e lo stato del volume acquistato gli italiani sembrano dividersi. Infatti 16,5 milioni di italiani (43,6%) si rivolge a libri usati con un atteggiamento tollerante verso scritte o sottolineature, mentre quasi 16 milioni (42%) preferiscono che il libro sia il più possibile simile a un libro nuovo.
Proprio come accade per l’editoria scolastica, anche per i testi più tradizionali ad attirare maggiormente verso la possibilità di acquisto di seconda mano è il vantaggio di poter ammortizzare la spesa, e imbattersi in offerte imperdibili. Sono infatti 16,5 milioni gli italiani (43%) che affermano di riservare all’acquisto dei volumi usati lo stesso budget stanziato per libri nuovi, ma con la possibilità di portarsi a casa un maggior numero di articoli.

Un canale perfetto per appassionati di libri rari o antichi 

Tra i compratori second hand non mancano gli appassionati di edizioni antiche o rare, che attraverso questo canale hanno la possibilità di reperire volumi particolari o ricercati. E ad amare e collezionare libri rari o antichi sono 6,9 milioni di italiani, pari al 18,2% degli intervistati. Circa 5 milioni di italiani (13%), inoltre, approfittano delle occasioni legate al second hand per portarsi a casa un libro di cui non si è del tutto convinti. A lettura conclusa è certamente più soddisfacente sapere di non aver ‘perso’ del tutto i propri soldi con un libro che non ha soddisfatto del tutto le aspettative.

Tenere il libro o rivenderlo? Dipende

Tra acquisto e rivendita le opinioni degli italiani sono polarizzate: oltre 24 milioni (63,2%) conservano il libro una volta letto, soprattutto se si tratta di un testo apprezzato, e solo 3,8 milioni (10,2%) lo rivende subito, magari per comprarne un altro con quanto appena guadagnato.
Sono proprio le piattaforme di compravendita second hand a risultare ideali in questo senso. L’immediatezza d’uso e la facilità nelle spedizioni e nel pagamento, riferisce Adnkronos, hanno contribuito a renderle il mezzo preferito dagli utenti per la ricerca di acquisto e vendita di libri, come affermano oltre 13 milioni di italiani (34,8%). Al secondo posto per preferenza ci sono ancora i negozi fisici, utilizzati da circa 12 milioni di italiani (32,2%), a cui si affiancano le bancarelle di libri usati, amate da 11 milioni di utenti (29,2%).

Mangiare bene? Non c’è dubbio, è mangiare italiano

Il Made in Italy è un valore importante in tanti settori della nostra attività produttiva, dalla moda al design, fino a tante realtà grandi e piccole del settore manifatturiero. Un’evidenza che può incoronare gli italiani come ‘campioni del buon gusto’.
Gli italiani, quindi, come confermano i dati della ricerca Eumetra, ‘Benessere e Sostenibilità’, sanno che uno degli ingredienti fondamentali dello stare bene risiede nel mangiare meglio, con prodotti di buona qualità. Ma cosa significa mangiare meglio? Lontani dal conoscere la ricetta’ giusta, anche perché gli italiani sono convinti che esistano soluzioni e idee diverse, adeguate a diversi convincimenti, fasi della vita, ma anche portafogli, uno degli aspetti su cui sembra esserci maggiore convergenza è quello del scegliere di ‘mangiare locale’, ovvero, italiano.

Comprare prodotti del territorio e consumare meno cibi entici

Tra i tanti ambiti, uno in cui sicuramente eccelliamo è il settore agroalimentare, e questo gli italiani lo sanno bene. Quando si tratta di sottolineare, arricchire, valorizzare l’italianità di un prodotto o di una filiera, sono tutti d’accordo. Gli ultimi difficili anni sembrano averci resi ancora più consapevoli di questa nostra ricchezza.
Tre dati in particolare, provenienti dall’ultima edizione di Benessere e Sostenibilità, permettono di fotografare questo fenomeno. Il primo è la prossimità. Il 56% del campione dichiara di comprare prevalentemente prodotti del proprio territorio, e solo l’11% non lo fa.
Inoltre, il 66% oggi consuma di più prodotti 100% italiani, mentre il 25% a volte sceglie italiano e a volte no, e solo il 9% dichiara di non essere d’accordo. Infine, il 73% sostiene di avere in qualche modo ridotto il consumo di cibi nuovi, stranieri o etnici.

Un plebiscito negli stili alimentari

In particolare, l’adesione ai prodotti 100% italiani diventa una sorta di plebiscito negli stili alimentari che lo studio individua come i più interessanti ed evolutivi. È infatti d’accordo il 70% del cosiddetto Stile Armonico e l’83% dello Stile Pioniere, che di tutti gli stili alimentari è il più interessante, perché più progettuale, intelligente, attento, anticipatore delle mode e proteso verso il futuro. A questi, si aggiunge anche il 77% delle Elite Socioculturali, uno degli Stili di Comunicazione rilevati dalla ricerca.

Una bella notizia per le aziende agroalimentari

Sembra decisamente una bella notizia. Mangiare meglio, tra le varie sfumature, significa scegliere alimenti di provenienza sicura certa, certificata. In una parola, del nostro Paese. E più siamo persone consapevoli, più pensiamo che l’italianità alimentare sia un valore. Le nostre aziende hanno di che rallegrarsi, e indirizzare ai consumatori politiche di marketing adeguate.

Gli italiani e la casa del futuro: la sognano green, indipendente, tecnologica e sicura

Oggi la casa è percepita dagli italiani come un luogo polifunzionale dove condividere momenti felici con familiari e amici (73%) e in cui trascorrere il proprio tempo libero (38%), ma rappresenta anche una garanzia per il futuro, un’eredità per i figli e un capitale utile in caso di necessità (46%). In ogni caso, un investimento sicuro (35%). Il crescente legame al mattone è confermato anche dai numeri: oggi chi possiede una casa di proprietà è il 79%, a cui si aggiunge un 15% che prevede di acquistarla in futuro. Ma come sarà nei prossimi 10 anni la casa degli italiani? Secondo una ricerca condotta da BVA-Doxa per la III edizione dell’Osservatorio Change Lab Italia 2030, realizzato da Groupama Assicurazioni, sarà green, indipendente, tecnologica e sicura.

Ampio spazio esterno e alta efficienza energetica

Il 44% immagina la casa del futuro con un ampio spazio esterno (giardino, terrazza), ma anche indipendente (27%), con una grande zona living (26%) e una grande cucina (20%). Sulla sostenibilità della futura abitazione gli intervistati non hanno dubbi: per 6 su 10 dovrà essere ad alta efficienza energetica, come confermano i dati che attestano la propensione ad attuare interventi per rendere le abitazioni più ‘green’, attraverso lavori di isolamento termico/acustico (56%), ricorso a fonti rinnovabili per riscaldamento/illuminazione (56%), o l’adozione di dispositivi di domotica ed elettrodomestici a basso consumo (35%).

Addio a vasca da bagno, libreria, garage e cucina

I giovani di 18-34 anni sognano uno spazio verde per fare l’orto (39%) e il 13% degli italiani sarebbe propenso ad ammobiliare la propria abitazione con arredi ecosostenibili, o vorrebbe colonnine per la ricarica dei veicoli elettrici sul piano strada (14%). Inoltre, per contenere i consumi idrici nei prossimi 10 anni sparirà la vasca da bagno (35%), soprattutto per i più giovani (42%). Inoltre, a scomparire potrebbe essere anche la libreria (13%), dal momento che in futuro si leggerà sempre più su supporti digitali. E anche se solo in minima percentuale (8%), gli italiani immaginano un futuro in cui la casa non avrà più un garage, perché spariranno le auto di proprietà, così come la cucina (6%), perché si mangerà sempre fuori.

Tech, connessa e sempre più sicura 


Nei prossimi 10 anni gli italiani prevedono di acquistare in media 3,8 dispositivi digitali in più, a testimonianza della volontà di rendere le proprie case sempre più tecnologiche e connesse. Tuttavia, emerge una scarsa percezione dell’importanza della cybersecurity tra le mura domestiche: il 45% non conosce questa tipologia di rischio, e un 35% pensa di non doversi preoccupare di fronte a questo tipo di minacce. Eppure, gli italiani sono fortemente attenti alla sicurezza, soprattutto quando si parla di dispositivi ‘tradizionali’. Il 38% ha dotato le proprie abitazioni di luci di emergenza in caso di blackout, il 22% ha dispositivi antiscivolo nella doccia e per le scale, il 20% copri prese elettriche, il 18% ha installato rilevatori di fughe di gas, e il 13% in casa ha anche un estintore.

Parchi divertimento: progetti e investimenti per attrarre flussi turistici

Un comparto, quello dei parchi divertimento italiani, costituito da 230 strutture tra parchi faunistici, avventura, tematici e acquatici, destinato a crescere nel breve e medio periodo. Obiettivo: migliorare la competitività allineandosi ai big player internazionali per quantità, varietà e attrattività delle proposte. Di fatto, nel 2023 le imprese dell’industria dei parchi divertimento investiranno oltre 120 milioni di euro tra ampliamenti e nuove attrazioni. Investimenti che hanno già comportato un incremento del 20% dei posti di lavoro, per un totale di oltre 30.000 occupati, di cui 20.000 assunzioni stagionali da inserire entro l’estate 2023 e 10.000 dipendenti fissi. E per il prossimo triennio sono previsti ulteriori progetti per 450 milioni di euro. 

Strutture più efficienti e sostenibili

Tra le sfide all’ordine del giorno c’è anche quella della sostenibilità, già concretizzata attraverso l’efficientemento di molte strutture e l’adozione di pratiche virtuose, a cui si sta affiancando lo sviluppo di impianti fotovoltaici per l’approvvigionamento autonomo e pulito dell’energia elettrica.
Grande attenzione, inoltre, a un consumo sempre più attento e consapevole della risorsa idrica attraverso l’adozione di impianti di filtraggio e ricircolo ancora più performanti. Questo, abbinato allo studio di nuove tecnologie basate sull’utilizzo delle acque dei pozzi o del mare opportunamente trattate per evitare lo spreco di acqua potabile.

Verso un nuovo periodo di sviluppo

Nel 2019, a fronte di 450 milioni di fatturato di biglietteria, l’indotto relativo a merchandising, ristorazione e altre attività interne ai parchi è stato di 1 miliardo di euro (2 miliardi se si considerano le attività esterne, come hotel, attività di manutenzione e altri servizi), per un totale di oltre 60.000 addetti.
Se il biennio pandemico ha bruciato oltre 250 milioni di euro di fatturato e decine di migliaia di posti di lavoro, il 2022 ha segnato una netta inversione di tendenza, con molte strutture tornate ai livelli del 2019.
Sulla base di questo trend, e in linea con la ripresa dei flussi turistici verso l’Italia, si stima che il comparto sarà destinato a un nuovo periodo di sviluppo, superando già nel corso di questa stagione la barriera dei 20 milioni di visitatori italiani e 1,5 milioni di visitatori stranieri.

“La parola chiave è semplificazione”

“La parola chiave è semplificazione – commenta Maurizio Crisanti, Segretario Associazione Parchi Permanenti Italiani – per la creazione di un mercato del lavoro più dinamico e flessibile e per facilitare le relazioni tra le imprese e le istituzioni, affinché insieme si possano affrontare le nuove sfide che ci aspettano in futuro. Il rischio è la perdita di competitività, per l’incapacità di aggiornare l’offerta turistica italiana con contenuti che devono lavorare sinergicamente con il grande patrimonio storico, culturale e naturalistico del Paese”.

Il 2023 del mercato immobiliare fra incertezze e timori

Il protrarsi della guerra russo-ucraina e la severità delle misure di politica monetaria decise dalla BCE concorrono a delineare un quadro tutt’altro che favorevole per il mercato immobiliare italiano, confermando i timori affiorati a fine 2022. È quanto emerge dal 1° Osservatorio sul Mercato Immobiliare di Nomisma, che analizza l’andamento del settore immobiliare in 13 mercati intermedi (Ancona, Bergamo, Brescia, Livorno, Messina, Modena, Novara, Parma, Perugia, Salerno Taranto, Trieste, Verona), ed evidenzia quattro temi che sintetizzano quanto accaduto nell’ultimo periodo: la recessione mancata del Paese, il crollo dei prezzi energetici, l’inefficacia della politica monetaria delle banche centrali e le aspettative ancora in ‘mare aperto’.

La domanda abitativa e il ricorso al credito delle famiglie

In uno scenario macroeconomico complicato, e dalle prospettive ancora indecifrabili, il ricorso al credito da parte delle famiglie italiane diventa imprescindibile, scontrandosi però con un orientamento delle politiche di erogazione da parte delle banche più prudente e selettivo.
“A rendere più impervio l’accesso al credito non è solo l’accresciuta onerosità del finanziamento, con tassi passati in media dall’1,93% di maggio 2022 al 3,79% di febbraio 2023, quanto la mutata percezione sulla solvibilità futura di molti potenziali mutuatari”, osserva Luca Dondi, AD Nomisma. 
Politiche creditizie più prudenti incidono quindi negativamente sull’afflusso di domanda al mercato, determinando una flessione dell’attività transattiva stimata nell’ordine del 14,6% su base annua.

Il monitoraggio sulle città

Le evidenze emerse dal monitoraggio condotto sulle città intermedie confermano il perdurare di un’intonazione positiva dei prezzi (+3,1% su base annua), anche se è riscontrabile una certa eterogeneità delle performance, dovuta principalmente agli sfasamenti temporali che hanno segnato le fasi di inversione dei cicli immobiliari. In nessun caso la variazione dei prezzi ha consentito un’effettiva salvaguardia in termini reali dei valori immobiliari. Nell’ultimo anno, però, i tempi per finalizzare la vendita di un’abitazione si sono leggermente accorciati (5,4 mesi in media), e tra i mercati monitorati è Trieste a segnare i tempi più bassi per concludere una trattativa di vendita (3 mesi per un’abitazione usata). Insieme a Verona e Parma, Trieste rappresenta inoltre il mercato con maggiore liquidità.

Mercato locativo e corporate

Nella media dei 13 mercati monitorati i rendimenti lordi da locazione non hanno subito variazioni significative, e si attestano in media sul 5,5% nel residenziale. Hanno raggiunto i livelli minimi del periodo (2000-2023) i tempi medi per affittare un’abitazione, scesi a 1,5 mesi.  Sul versante corporate, invece, la situazione rilevata dall’analisi Nomisma appare più articolata. Proprio quando la risalita del comparto sembrava procedere con passo spedito, con volumi tornati su livelli prossimi ai massimi storici, il progressivo indebolimento delle prospettive di crescita economica ha fatto riemergere dubbi da parte degli investitori stranieri relativamente alle prospettive del Paese, e alla sostenibilità del debito pubblico. 

Assegno Unico Figlio 2023: dubbi e risposte

L’Assegno Unico Figlio è un sussidio introdotto qualche anno fa per fornire un sostegno alle famiglie con figli a carico. Questo sussidio unifica gli assegni familiari, e sostituisce il Bonus Bebè, il Bonus Nido e il Bonus Asilo Nido.
Ma ancora oggi permane qualche dubbio sull’Assegno Unico Figlio. Le famiglie italiane, soprattutto all’inizio dell’anno, si chiedono se debbano rifare la domanda ogni anno. Questo dubbio probabilmente è dovuto a due fattori principali. Il primo risiede nel fatto che l’Inps nel mese di marzo ha pagato gli arretrati dell’Assegno Unico di gennaio, e quindi pochi giorni fa diverse famiglie si sono viste accreditare una piccola parte di denaro (da 8 euro circa in su). Questo a molti ha fatto pensare che si fosse esaurito il bonus, e che quindi fosse necessario rifare la domanda. In realtà l’Inps ha semplicemente erogato gli arretrati che non ha pagato a gennaio 2023.

La domanda si rinnova automaticamente

Il secondo motivo riguarda una mail inviata dall’Inps. L’altro fattore che potrebbe aver scatenato alcuni dubbi è appunto l’email inviata in questi giorni dall’Inps dal titolo ‘INPS Servizi Proattivi‘, che altro non è se non la possibilità di ricevere notifiche dall’Istituto di previdenza per futuri bonus e agevolazioni. In ogni caso, è davvero necessario rifare la domanda nel 2023? La risposta è no: se si ha inoltrato la domanda per l’Assegno Unico nel 2022 non è necessario rifarla nel 2023, poiché si rinnova automaticamente. Ma per chi non avesse ancora fatto richiesta, la domanda per l’Assegno Unico Figlio può essere effettuata tramite il sito web dell’Istituto Nazionale della Previdenza Sociale. 

A chi spetta il contributo?

Per effettuare la domanda è necessario accedere all’area riservata del sito, selezionare l’opzione ‘Assegno Unico Figlio’ e compilare il modulo online. È possibile presentare la domanda anche tramite l’Inps Contact Center, al numero verde 803.164, o tramite il patronato. L’Assegno Unico Figlio spetta a tutte le famiglie con figli a carico di età compresa tra 0 e 21 anni. Il sussidio viene erogato in base al reddito familiare e alla composizione del nucleo familiare. In particolare, l’assegno viene erogato alle famiglie in base al reddito ISEE. Ma se non si presenta l’ISEE si avrà diritto automaticamente all’importo minimo dell’assegno, ovvero pari 50 euro al mese per figlio.

ISEE: bisogna inviarlo nuovamente?

A partire dal 2023, sono previste alcune novità per l’Assegno Unico Figlio. In particolare, il sussidio verrà aumentato e saranno erogati gli arretrati per il periodo dal 1° gennaio 2021 al 31 dicembre 2022.
L’aumento dell’Assegno Unico Figlio è stato inserito nella Legge di Bilancio 2022, ed è destinato a fornire un ulteriore sostegno alle famiglie italiane. Coloro che hanno già fatto la domanda per l’Assegno Unico Figlio nel 2022 non devono fare altro se non inviare l’ISEE nuovo, ma solo se quest’ultimo è cambiato rispetto allo scorso anno. Inoltre, per i nuclei familiari che non hanno presentato l’ISEE nel 2022, l’INPS effettuerà il calcolo dell’ISEE ordinario per il 2023.

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