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Come fare il “cambio di stagione” in modo semplice, veloce e razionale

Sia con l’avvio della bella stagione, quando finalmente arriva il momento di poter fare sfoggio dei vestiti più leggeri, sia all’inizio della stagione autunnale, quando occorre riporre gli abiti primaverili ed estivi per fare spazio a sciarpe, cappotti e maglioni, arriva il momento del cosiddetto ‘cambio di stagione’. Un appuntamento fisso almeno due volte l’anno.

Per molte e molti, tuttavia, il cambio di stagione rappresenta un’impresa non da poco, soprattutto per chi ha tanti vestiti da gestire, oppure poco spazio a disposizione.
Ma niente paura, perché lo staff di Lovebrico, lo store online dedicato ai prodotti di edilizia, a quelli per il giardino e per il fai da te, ha scelto di condividere alcuni consigli utili per svolgere questa operazione senza stress, in modo semplice, veloce e razionale.

I consigli per un armadio ordinato e senza stress

Innanzitutto, è necessario svuotare completamente l’armadio. A questo punto, bisogna armarsi di coraggio e fare ‘decluttering’, ovvero, eliminare tutto quanto è superfluo, sia che si tratti di abiti ormai logori, ma ai quali si è ancora affezionati, sia che si tratti di capi che non si indossano mai.

Eliminare vestiti dal proprio guardaroba non significa comunque buttarli nella spazzatura, anzi. Molti vestiti possono infatti essere riciclati, regalati, rivenduti o dati in beneficenza tramite gli appositi cassonetti per la raccolta degli indumenti usati.

Stirare i capi prima di riporli nelle apposite scatole

Un altro aspetto molto importante per poter effettuare il cambio di stagione con razionalità è legato all’organizzazione.

Stilare una lista dei capi presenti nel proprio guardaroba, così come stirare bene i vestiti per poterli riporre meglio o conservarli all’interno delle apposite scatole per armadio, aiuta a mantenere l’ordine, e a non rovinare gli abiti.

Armadi, cassettiere, scarpiere per ogni esigenza di archiviazione

Naturalmente, anche la scelta dell’armadio è importante per poter fare il cambio di stagione in modo più semplice. A questo proposito, Lovebrico offre un’ampia possibilità di scelta, proponendo prodotti per tutte le esigenze, dall’armadio aperto con un design minimal e moderno, all’armadio a due ante. E, ancora, l’ armadio a tre ante e due cassetti e l’armadio a due ante scorrevoli offrono un buon spazio di archiviazione senza appesantire l’ambiente.

Per riporre vestiti, intimo, maglieria e calzature, invece, è possibile acquistare la ‘cassettiera rovere’ e la ‘scarpiera ingresso’, che si distinguono per il design ricercato e la praticità di utilizzo.

Pagamenti digitali: 444 miliardi di transato nel 2023, +12%

Dopo il biennio 2021-2022, che ha definito un cambiamento strutturale nelle abitudini dei consumatori, la crescita dei pagamenti digitali in Italia sta tornando lentamente verso ritmi antecedenti alla crisi pandemica.
Nel 2023 il transato con strumenti di pagamento digitale ha registrato 444 miliardi di euro, un valore che include sia pagamenti basati su carte e wallet (436 miliardi di euro transati, +12% vs 2022), sia pagamenti basati su conto corrente (8 miliardi, circa +20%). 

Secondo l’Osservatorio Innovative Payments della School of Management del Politecnico di Milano, oggi quasi 8 transazioni digitali su 10 in negozio vengono effettuate in modalità ‘tap&go’ con carte fisiche contactless o dispositivi dotati di tecnologia NFC, che raggiungono un valore di transato pari a 240 miliardi.

Il Buy Now Pay Later

Sul totale dei consumi, i pagamenti digitali arrivano a costituire il 40% del valore, un’incidenza di poco inferiore a quella del contante.
A livello europeo, la crescita del nostro Paese non è ancora sufficiente per scalare posti in classifica. L’Italia rimane al 24° posto su 27 nella classifica della BCE per numero di transazioni pro capite con carta registrate nel 2022.

Un altro fenomeno in grande ascesa è il Buy Now Pay Later (BNPL). Nel 2023 nel nostro Paese il transato con questa forma di pagamento ha raggiunto 4,6 miliardi di euro, attestandosi, nella sua componente online, al 6,5% di penetrazione sul totale del mercato e-commerce nazionale.
Inoltre, il 14% degli italiani lo ha già utilizzato, principalmente per acquisti online.

Il futuro dei pagamenti digitali

Negli ultimi anni gli Alternative Payment Methods (APM), i pagamenti che non passano per i circuiti tradizionali come quelli delle carte, stanno guadagnando sempre più interesse da parte del mercato e delle Istituzioni.

Il grado di diffusione degli APM non è però omogeneo a livello globale. In Europa l’offerta di pagamenti alternativi cresce ancora in modo frammentato nei singoli Paesi. È infatti principalmente caratterizzata da servizi che riescono a ottenere buona diffusione locale, ma che si scontrano con maggiori complessità a livello internazionale.
Un’ulteriore spinta innovativa è data dallo sviluppo di nuove tecnologie, prima fra tutte l’Intelligenza artificiale, già diffusa nel mondo dei pagamenti per i processi interni. 

In Italia si affacciano le prime soluzioni Software POS

Oltre all’AI, si guarda all’evolversi del trend dell’Open API, già avviato dalla PSD2, all’Internet of Things fino alle criptovalute e la tecnologia blockchain, che grazie alla definitiva approvazione della Markets in Crypto-Asset regulation (MiCAr), vedono un interesse crescente da parte di aziende e consumatori.

Anche l’Italia vede all’orizzonte nuove tecnologie e nuovi device che influenzeranno il modo in cui si effettueranno e accetteranno pagamenti.
Nel 2023 cominciano a prendere piede le prime soluzioni Software POS. Numerosi operatori del mondo dei sistemi cassa, hanno infatti iniziato a distribuire agli esercenti questo tipo di prodotti, utilizzabili sia come strumenti stand-alone sia in affiancamento ai dispositivi POS fisici già installati.

Per il Made in Italy gli italiani pagano anche il 20% in più

Se il valore del brand Made in Italy è sempre più riconosciuto in tutto il mondo, gli italiani sono disposti a pagare qualcosa in più per avere prodotti autentici e di qualità.
Di fatto, per un prodotto Made in Italy gli italiani sono disposti a spendere anche il 20% in più.

È quanto emerge dalla ricerca condotta da Teleperformance Knowledge Services su un campione di 2mila italiani tra i 18 e 65 anni, rappresentativo della popolazione per genere e area geografica, e commissionata da Made in Italy, il progetto rivolto alla valorizzazione delle eccellenze italiane.
La ricerca è stata presentata ad Ancona nel corso del roadshow ‘Tradizione e innovazione Made in Italy – I protagonisti si raccontano’, tenuto presso la sede di Confindustria. 

Food e fashion i settori dominanti

La fase del processo produttivo ha un impatto molto forte nella connotazione del Made in Italy. Secondo l’85% degli intervistati il prodotto deve essere infatti creato da una azienda italiana in cui tutto il processo produttivo si svolga in Italia. E i settori food (78%) e fashion (69%) dominano la classifica di quelli maggiormente associati al Made in Italy.

Nelle Marche la ricerca ha evidenziato un forte interesse per l’adozione di nuove tecnologie nell’ambito della produzione e del processo produttivo. Questo dimostra un chiaro impegno nell’innovazione per mantenere e rafforzare la competitività nel mercato globale.
Inoltre, l’indagine ha messo in luce un forte legame emotivo e culturale a livello regionale con l’industria manifatturiera, con un’enfasi particolare sulla pelletteria, settore storico e di grande rilievo economico per le Marche.

Un brand che genera valore a livello nazionale

I marchigiani, però, si dicono disposti a spendere fino a un 17% in più per un prodotto Made in Italy, percentuale leggermente sotto la media nazionale, ma che dimostra comunque di dare valore ai prodotti realizzati sul territorio italiano.

“L’indagine conferma che il Made in Italy è uno stile affermato in tutto il mondo e al quale, nonostante una crescente concorrenza con cui ci si confronta sul piano del costo o della imitazione, non vogliamo rinunciare, consapevoli del suo valore in termini di qualità e creatività”, ha evidenziato Roberto Sartori, founder di Made in Italy”.
Secondo Gabriele Albani, ceo di Teleperformance Knowledge Services, la ricerca conferma come il Made in Italy sia “soprattutto generazione di valore per l’economia nazionale”.

Favorire lo scambio di idee per creare valore nel business e il sistema Paese 

L’obiettivo del roadshow, pensato da Roberto Santori, è stato quello di favorire lo scambio di idee per creare valore per il business e il sistema Paese, facendo leva sulle competenze del Made in Italy.

Il neo rettore dell’Università di Camerino, Graziano Leoni, ha concluso i lavori con una riflessione su come le aziende possono approfittare delle opportunità offerte dal PNRR per rafforzare le competenze, soprattutto in ambito di ricerca e tecnologia, e valorizzare i giovani talenti, riporta ANSAcom, in collaborazione con Challenge Network.

Lavoro: l’occupazione cresce, ma cambia la relazione con le priorità della vita

È quanto emerge dal Rapporto ‘Il senso del lavoro nella comunità produttiva e urbana di Bologna’, realizzato dal Censis con la collaborazione di Philip Morris: fra il terzo trimestre 2022 e il terzo trimestre 2023 l’occupazione in Italia è aumentata di 470.000 unità.
Tutti gli indicatori che riguardano le componenti dell’occupazione, dipendente e indipendente, mostrano un segno positivo. Il solo segno negativo è riconducibile a contratti di lavoro a termine, che si riducono in dodici mesi di 89.000 unità (-2,9%).

Ma per il 62,7% degli italiani il lavoro oggi non è centrale nella vita. E il 76,2% dei giovani scambierebbe solo a caro prezzo un’ora di tempo libero con un’ora di lavoro.
Di fatto, per l’80% degli occupati in passato si è chiesto troppo a chi lavora. Ora è il momento di pensare più a sé stessi. 

Quasi dieci italiani su cento troppo scoraggiati per cercare un’occupazione

D’altra parte, nel giro di dieci anni, fra il 2012 e il 2022, la base occupazionale formata da giovani con un’età compresa fra 15 e 34 anni si è ridotta di circa 360.000 unità, mentre i lavoratori con almeno 50 anni sono aumentati di 2,7 milioni. 

Inoltre, la mancata partecipazione al mercato del lavoro conta oggi 12 milioni e 434.000 persone (quasi otto milioni donne), che pur essendo in età lavorativa, non lavorano e non sono alla ricerca di un lavoro.
Quasi dieci italiani su cento dichiarano di non partecipare al mercato del lavoro perché scoraggiati dagli esiti negativi della ricerca di un lavoro (prevalentemente donne).

Il lavoro c’è, ma sottopagato

Tre quarti degli italiani (76,1%) condividono l’affermazione secondo la quale in Italia il lavoro c’è, ma è poco qualificato e sottopagato.
Il 76,2% dei giovani è convinto che un impegno aggiuntivo di un’ora di lavoro deve avere un compenso tale da giustificare la rinuncia a un’ora di tempo libero, e l’80% degli italiani occupati vede nel lavoro un fattore, che soprattutto in passato, ha portato a trascurare gli interessi personali, tanto da porre il proprio benessere in secondo piano (79,8% giovani, 80,8% 35-64enni).

Fra chi è alla ricerca di un nuovo lavoro, il 36,2% indica come motivazione principale ottenere un guadagno più elevato rispetto a quello corrente, per il 36,1% la ricerca di un nuovo lavoro è stimolata dalla necessità di vedere riconosciuto il livello di competenze acquisito e da una maggiore prospettiva di carriera.

Un contributo personale alla collettività

Il profilo di ciò che rappresenta il lavoro per i dipendenti può essere evidenziato attraverso tre elementi.
Il primo è il lavoro come diritto, ma anche come contributo personale a qualcosa che supera i confini del posto di lavoro e trova un riscontro anche nella collettività (lo afferma un dipendente su quattro).

Il secondo, è il lavoro come fattore di indipendenza (43,2%), con particolare rilevanza per la componente femminile dell’occupazione (57,6%).
Il terzo, il lavoro come fattore di sicurezza economica (41,1%), che possa però essere svolto in un ambiente lavorativo meritocratico (48,6%).

Privacy: Google “scollega” la condivisione automatica dei dati sulle sue piattaforme in Europa

Google ha deciso di ‘scollegare’ la condivisione automatica dei dati degli utenti della UE sulle sue piattaforme, quali YouTube, Search, Google Play, Chrome, Google Shopping, Google Maps e i servizi pubblicitari.
La modifica alla policy annunciata dal gigante di Mountain View è un provvedimento che permetterà agli utenti in Europa di decidere con precisione in che misura sono disposti a condividere i propri dati.

Si tratta di una nuova politica in risposta all’Atto dei Mercati Digitali della UE (DMA), che permette agli utenti di Google di optare per la non condivisione dei dati su tutti, alcuni o nessuno dei servizi offerti dal motore di ricerca. 

Non basta però a conformarsi del tutto al nuovo DMA 

Tuttavia, riporta Adnkronos, la policy non è totale. Google continuerà infatti comunque a condividere i dati degli utenti quando sia necessario per completare un’operazione, come, ad esempio, quella di effettuare un acquisto su Google Shopping tramite Google Pay, al fine di ottemperare alla legge, prevenire frodi o proteggersi dagli abusi.

In realtà non si tratta della modifica più significativa che Google dovrà apportare per conformarsi al DMA, che entrerà in vigore il 6 marzo prossimo. La legge prevede anche regole aggiuntive sull’interoperabilità e sulla concorrenza. Ad esempio, Google dovrà smettere di trattare i propri servizi in maniera più favorevole rispetto ad altri servizi di terze parti nella classificazione di Search.

L’antitrust USA contro il colosso di Mountain View 

La UE non è l’unica ad avere sollevato preoccupazioni riguardo alle enormi quantità di dati degli utenti raccolte da Google.
Negli Stati Uniti, il Dipartimento di Giustizia ha citato in giudizio la società californiana in quello che è probabilmente il più grande processo antitrust nel paese dal caso contro Microsoft negli anni ‘90.

In uno dei suoi argomenti, il Dipartimento di Giustizia ha sostenuto che la grande quantità di dati degli utenti raccolti da Google nel corso degli anni ha portato a un meccanismo atto a garantire che l’azienda rimanga il motore di ricerca leader nel mondo.

Un dilemma per gli utenti europei: proteggo i miei dati o trovo il ristorante più vicino?

Tuttavia, le nuove modifiche introdotte da Google a causa del DMA comporteranno alcuni compromessi per gli utenti che vogliono proteggere i propri dati.
L’azienda ha fatto notare che se un utente decide di scollegare Search, YouTube e Chrome, ciò influenzerà le raccomandazioni personalizzate su YouTube. 

Se invece Search e Maps vengono scollegati, Google Maps non sarà più in grado di suggerire luoghi (come, ad esempio, ristoranti) in base alle attività precedenti.
Gli utenti di Google dovranno scegliere tra la loro privacy e la comodità di avere i servizi Google connessi tra loro. Ma, almeno in Europa, avranno la possibilità di essere più precisi nel definire dove ‘tracciare la linea’.

Le parole che hanno definito il mondo nel 2023

Dall’inflazione al peggioramento dell’emergenza climatica all’escalation dei conflitti internazionali il 2023 è stato un anno pieno di avvenimenti. Sono stati però anche mesi colmi di innovazioni tecnologiche e nuovi trend, ognuno accompagnato da termini ed espressioni peculiari entrate a far parte del dibattito pubblico.

Babbel propone quindi l’annuale retrospettiva linguistica delle parole protagoniste del 2023. A partire dai blockbuster ‘Barbie’, per la regia di Greta Gerwig, e ‘Oppenheimer’ di Christopher Nolan, usciti nelle sale il 21 luglio 2023, alle parole che riguardano clima, ambiente e disastri naturali, come Wildfire, usato nel mondo anglosassone per descrivere gli incendi, Stato di emergenza, e Ciarán, il nome del ciclone che a novembre si è abbattuto con particolare veemenza su Regno Unito, Francia, Spagna e Italia.

War fatigue e Ceasefire

La parola War fatigue, che significa letteralmente ‘stanchezza da guerra’, si riferisce invece al progressivo disinteressamento da parte dell’Occidente nei confronti delle sorti dell’Ucraina. A quasi due anni dall’invasione russa molti temono di non poter più contare sull’appoggio promesso.

Ceasefire (letteralmente, ‘cessate il fuoco’), è un’espressione inglese adottata in tutto il mondo in seguito all’aggravarsi della situazione israelo-palestinese nell’autunno 2023.
Chi invoca il ceasefire chiede perciò che vengano sospese tutte le attività militari per un determinato periodo di tempo nella zona colpita dal conflitto.

Deepfake e Coronation

Il 2023 è stato l’anno del boom mediatico dell’AI, con il lancio di nuovi strumenti resi accessibili al pubblico accompagnati dal diffondersi di una grande quantità di neologismi.
Tra questi, ‘deepfake’, che ha fatto il giro del web quando hanno cominciato ad apparire online video e immagini sintetici manipolati digitalmente per sostituire le sembianze di una persona con quelle di un’altra.

Ma il 6 maggio 2023, a settant’anni dall’incoronazione di Elisabetta II, quella di Charles III, Re del Regno Unito e di altri 14 regni del Commonwealth, è stata in grado di attirare l’attenzione di molti spettatori anche al di fuori dello Stato insulare.
Tra gli ospiti dell’Abbazia di Westminster si sono potuti contare i membri di altre famiglie reali d’Europa, leader politici internazionali, attori e pop star.

Sommergibile, Granchio blu, JJ4, Amarena e Bambotto

Il 18 giugno 2023 si perdevano le tracce del sommergibile Titan con a bordo cinque persone dirette a esplorare il relitto del Titanic, a circa quattro chilometri sotto il livello del mare. Ma in pieno Antropocene, l’era dominata dall’essere umano, capita che gli animali facciano sentire la propria presenza in maniera inattesa e talvolta scomoda.

Così ha fatto parlare di sé nei mesi estivi il granchio blu, piccolo crostaceo originario dell’Atlantico che ha ‘invaso’ il Mediterraneo, riporta Askanews. Ma hanno fatto discutere anche le orse JJ4 e Amarena, e il cervo Bambotto, protagonisti di episodi cruenti che hanno riacceso le discussioni in merito alla convivenza tra animali selvatici ed essere umano. Nonché all’impatto del cambiamento climatico sull’habitat di molte specie.

Danni da maltempo: 5 milioni di italiani con casa danneggiata nel 2023

Nell’ultimo anno circa 5 milioni di italiani hanno subito danni alla propria abitazione causati da maltempo o calamità naturali. Di questi, solo 1 su 3 era in possesso di una polizza assicurativa a tutela dell’immobile.
Secondo l’indagine commissionata da Facile.it a mUp Research e Norstat, il fenomeno dannoso più comune è stata la grandine, indicata dal 49% degli intervistati, seguito dal vento, indicato dal 39,7% di chi ha subito danni diretti o indiretti.

Un altro elemento che ha creato gravi problemi è stata l’acqua. Il 23,3% ha dichiarato di aver subito danni a seguito di un’alluvione, mentre il 18,1% per via di un allagamento. Chiudono la graduatoria i danni da terremoto, indicati dall’8,6%, e quelli da gelo (2,6%).

Le assicurazioni casa

In Italia il 78% degli immobili è costruito in zone a rischio idrogeologico e l’aumento dei fenomeni atmosferici di forte intensità ha ampliato il numero di case potenzialmente esposte ai danni da maltempo. Nonostante questo, gli italiani si confermano un popolo che si assicura poco.

Al momento del sinistro poco più di 1 danneggiato su 3 era infatti in possesso di una copertura assicurativa sottoscritta per tutelarsi dagli eventi, mentre il 27% ha potuto godere unicamente della polizza condominiale.
Inoltre, quasi 4 danneggiati su 10, circa 1,8 milioni di italiani, non hanno potuto contare su alcuna copertura.

Quanto costano le polizze?

Unica nota positiva: 8 intervistati su 10, a seguito del danno, hanno deciso di assicurare la propria abitazione. Il 28% ha già sottoscritto una polizza, mentre il 53% è intenzionato a stipularla.
Per analizzare i costi delle polizze casa Facile.it ha preso in esame un appartamento da 100 metri quadri del valore di 200.000 euro, ubicato a Milano, Modena e Bari.

I prezzi per una polizza assicurativa a copertura dei danni al fabbricato causati da maltempo partono da 54 euro annui a Modena, per salire a 67 euro a Milano e 94 euro a Bari.
Se si vuole aggiungere anche la copertura dei danni al contenuto, si trovano polizze con prezzo di partenza pari a 94 euro su tutte e 3 le città.

I costi delle coperture aggiuntive

Aggiungendo la copertura per il terremoto si sale a 110 euro annui (Milano), 162 euro (Bari) e 214 euro (Modena). Attenzione però, perché la copertura terremoti copre i danni subiti dal fabbricato, non quelli al contenuto, ed esistono diversi livelli di copertura che offrono rimborsi più o meno alti in caso di evento sismico, e il prezzo varia notevolmente in base a questi parametri.

Aggiungendo anche la copertura dell’evento ‘alluvione’ il costo salirebbe a 312 euro annui a Milano, 624 euro a Bari, e 636 euro a Modena. Si tratta, nel caso della copertura dai danni di un’alluvione, di polizze non molto diffuse, e spesso ‘su misura’, pertanto il premio potrebbe variare sensibilmente a seconda della compagnia assicurativa.

Banche etiche più redditizie di quelle convenzionali

Grazie a un modello di business eticamente orientato la finanza etica si propone di influenzare positivamente il sistema finanziario mainstream globale, affrontando le trasformazioni necessarie per affrontare le sfide economiche, sociali e ambientali.
Secondo uno studio condotto da Fondazione Finanza Etica, Fundación Finanzas Éticas e Federazione Europea delle Banche Etiche e Alternative (Febea), le banche etiche europee mostrano una redditività superiore rispetto alle banche convenzionali.

In un arco temporale di 10 anni, dal 2012 al 2021, la redditività del capitale proprio (ROE) delle banche etiche è stata in media del 5,23%, rispetto al 2,21% delle banche convenzionali. Anche la redditività degli attivi (ROA) è risultata più elevata, con una media dello 0,46% contro lo 0,25% delle banche convenzionali.

Un modello più efficace per affrontare le sfide contemporanee

Le banche etiche mantengono nel tempo una forte capitalizzazione nel tempo, con un rapporto tra patrimonio netto e passività totali che si attesta in media all’8,2%, e presentano differenze strutturali rispetto alle banche convenzionali, focalizzandosi maggiormente sulle attività bancarie tradizionali, soprattutto sul credito.

Inoltre, le banche etiche mostrano un impegno concreto nell’approccio ecologico e sociale, investendo in metriche avanzate per misurare le emissioni di gas serra e adottando politiche che escludono finanziamenti a filiere dannose per l’ambiente e il clima.
Il rapporto sembra quindi sottolineare il successo e l’efficacia del modello di finanza etica nell’affrontare le sfide contemporanee e propone una visione positiva sul suo impatto potenziale nel sistema finanziario globale.

Gestione della liquidità

Le differenze tra banche etiche e banche convenzionali non sono solo in termini di redditività, ma anche in relazione alla gestione della liquidità e alla solidità patrimoniale.
La prudenza nella gestione della liquidità sembra essere un elemento distintivo delle banche etiche rispetto alle loro controparti convenzionali.
Nei confronti delle banche etiche, la principale fonte di liquidità è rappresentata dai depositi dei clienti, contribuendo all’81,1% delle passività totali.

Al contrario, le banche convenzionali dipendono da diverse fonti di liquidità, il che si traduce in un rapporto depositi/patrimonio netto inferiore rispetto alle banche etiche.
Quanto al rapporto prestiti/depositi (LDR), nelle banche etiche si mantiene stabile e inferiore (tra 77%-81,5% vs 86%-102,5%), che riflette appunto una gestione più prudente della liquidità e una focalizzazione sull’erogazione di prestiti in modo sostenibile e responsabile.

Pratiche ambientali e sociali

Le banche convenzionali europee sembrano non aver intrapreso una vera transizione ecologica nel loro modello di business.

Sebbene offrano singoli prodotti ‘verdi’ sono accusate di rimanere orientate al massimo profitto. Si evidenzia che dal 2016 al 2022, queste banche hanno finanziato i combustibili fossili con oltre 5 miliardi di euro, mentre solo il 7% dei loro finanziamenti energetici è stato destinato alle energie rinnovabili.
Le banche etiche, al contrario, adottano un approccio olistico e integrato, e si distinguono per il loro impegno a non finanziare l’industria bellica.

Mutui: rate ferme a +294 euro grazie allo stop ai rialzi della BCE 

I dati parlano chiaro: analizzando un mutuo medio variabile la rata mensile è passata da 456 euro di gennaio 2022 a 750 euro di oggi, per un aumento del 64%.
Sommando i rincari mensili, l’esborso aggiuntivo per i mutuatari è stato addirittura superiore ai 2.850 euro.
Ma con la decisione da parte della Bce di arrestare il rialzo ai tassi di interesse l’aumento sulle rate dei mutui variabili italiani dovrebbe fermarsi a +294 euro rispetto a gennaio 2022.
Con la fine degli aumenti i mutuatari potranno quindi tirare un parziale sospiro di sollievo, ma la pressione sulle famiglie resta elevata, e prima di vedere un calo bisognerà aspettare il 2024.
I dati arrivano dall’analisi di Facile.it e Mutui.it, realizzata sulla simulazione di un finanziamento a tasso variabile di 126.000 euro in 25 anni, LTV 70%, Tan iniziale 0,67% (Euribor3m+1,25%).

Primi segnali di calo attesi nel 2024

Guardando alle aspettative di mercato (Futures sugli Euribor a 3 mesi aggiornate al 23 ottobre 2023) bisognerà aspettare il 2024 per vedere i primi segnali di calo.
A ottobre l’indice Euribor a 3 mesi si è mosso intorno al 3,95%, e secondo le previsioni, a marzo 2024 dovrebbe scendere a 3,93%, per poi arrivare a 3,75% a giugno, e 3,35% a dicembre 2024.
Se ciò avvenisse, la rata del mutuo medio presa in esame a marzo 2024 resterebbe uguale a quella di oggi (750 euro), per poi scendere a 737 euro a giugno e a 708 euro a dicembre 2024.

Ma quale tasso conviene sottoscrivere?

Ma per chi è alle prese con l’acquisto della casa e alla ricerca di un mutuo, quale tasso conviene sottoscrivere?
Secondo le simulazioni di Facile.it, prendendo in considerazione il mutuo standard utilizzato nell’analisi, i migliori tassi fissi (TAN) disponibili oggi online partono dal 3,79%, corrispondenti a una rata di 651 euro, mentre per un mutuo variabile la migliore offerta parte da un TAN di 4,71%, con una rata di 709 euro.

“Si tratta di fare una piccola scommessa, ma bisogna avere le spalle larghe”

“Non esiste in assoluto una scelta migliore di un’altra riguardo alla tipologia di tasso e le variabili da tenere in considerazione sono molte e soggettive – spiegano gli esperti di Facile.it -. Per chi non vuole rischiare la soluzione più adatta è il tasso fisso, che a oggi non solo garantisce la stabilità della rata, ma risulta anche più conveniente rispetto alla cedola di partenza un mutuo variabile. Chi, invece, è più incline al rischio e dispone di una maggiore capacità reddituale potrebbe optare per un tasso variabile. Si tratta di fare una piccola scommessa, ovvero che a partire dal nuovo anno le rate comincino a frenare la loro ascesa e poi a inizino scendere. Sul lungo periodo, in effetti, i tassi variabili si sono dimostrati nella maggior parte dei casi più convenienti, ma bisogna avere le spalle larghe per i momenti di difficoltà dei mercati”.

Intelligenza artificiale: anche i cybercriminali la usano 

L’allarme arriva da Cisco Talos: l’Intelligenza artificiale non rappresenta soltanto una delle rivoluzioni tecnologiche più importanti dell’ultimo decennio, ma è anche terreno fertile su cui prolifera la criminalità informatica. I criminali informatici la utilizzano per migliorare e rendere sempre più efficienti gli attacchi.
D’altronde, aziende e forze dell’ordine utilizzano l’AI per sviluppare nuovi strumenti, tattiche e strategie per automatizzare l’analisi dei dati, effettuare la rilevazione predittiva delle attività illecite e porre rimedio in modo più efficace. 

E di fatto l’Intelligenza artificiale è già una realtà nella cybersecurity.
Sul lato utenti, molti hanno però avuto il primo contatto con tali tecnologie solo negli ultimi mesi, in particolare con l’AI generativa, per generare testi, codice e immagini.

Tanti vantaggi per il cybercrime

Tra i vantaggi principali dell’utilizzo dell’AI da parte dei criminali la minore necessità di coinvolgimento umano nello sviluppo di software, codice, estorsioni e truffe, e la possibilità di analizzare velocemente enormi quantità di informazioni, individuare vulnerabilità e obiettivi.
L’analisi dei big data richiede, invece, notevole potenza di calcolo, limitando la sua applicazione alle organizzazioni criminali più grandi o sponsorizzate da Paesi che possiedono un’infrastruttura capace di offrire tale potenza di calcolo.

L’AI permette inoltre di sviluppare attacchi phishing e social più sofisticati, come la creazione di deepfake incredibilmente realistici, siti web ingannevoli, campagne di disinformazione, profili fraudolenti sui social media e bot sempre più complessi.

Dai deepfake ai malware “auto-metamorfici”

Le organizzazioni criminali sponsorizzate dagli Stati utilizzano l’AI per propagare disinformazione e manipolare gli utenti. Queste tattiche implicano la creazione e la diffusione di contenuti ingannevoli, tra cui deepfake, clonazione vocale, articoli falsi e impiego di bot.
Ma l’AI consente anche la creazione di malware sofisticati, adattabili e difficilmente rilevabili, tramite l’utilizzo di meccanismi ‘auto-metamorfici’ che permettono di modificare la loro natura in base all’ambiente in cui operano.

I ricercatori hanno mostrato come l’AI possa essere utilizzata per effettuare attacchi mirati e intelligenti: il malware si attiva solo quando trova il target previsto ed è in grado di sfuggire alla rilevazione nascondendosi all’interno di applicazioni benigne.

La cybersecurity va al contrattacco con l’analisi predittiva

Ovviamente, anche i professionisti della cybersecurity e le forze dell’ordine possono sfruttarne le potenzialità per sviluppare strumenti, tattiche e strategie innovative nella loro lotta contro il cybercrime moderno.

L’AI permette infatti la rilevazione e la prevenzione delle minacce informatiche più precise ed efficaci. La risposta immediata agli incidenti informatici e l’analisi automatizzata di grandi quantità di dati per identificare le compromissioni sono tra i principali vantaggi dell’utilizzo dell’AI. Che, esaminando questi set di dati, può identificare modelli e tendenze che aiutano gli esperti a restringere l’origine di un attacco.
Ma l’AI consente di utilizzare anche un altro strumento prezioso, l’analisi predittiva, con cui le aziende possono anticipare potenziali minacce informatiche e vulnerabilità adottando un approccio proattivo alla sicurezza.

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