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Italia, le imprese delle bioplastiche compostabili crescono esponenzialmente

Sono passate in un solo anno da 6 a 202 le imprese consorziate a Biorepack, il consorzio nazionale per il riciclo organico degli imballaggi in plastica biodegradabile e compostabile. E’ la riprova che questo materiale è sempre più conosciuto e diffuso, tanto che è entrato ormai nel 61% delle case italiane. A oggi gli organismi convenzionati sono 330, per un totale di 3706 Comuni serviti, nei quali abitano oltre 36 milioni di persone, appunto il 61% della popolazione. Ancora: 38.400 tonnellate di imballaggi in plastica biodegradabile e compostabile riciclate organicamente, pari al 51,9% degli imballaggi immessi sul mercato nello stesso periodo (74.000 tonnellate). Inoltre, grazie al contributo ambientale obbligatorio degli imballaggi in bioplastica, nel corso del 2021 sono stati riconosciuti corrispettivi economici ai convenzionati pari a 7,5 milioni di euro. Sono i numeri più rilevanti delle attività svolte nel corso del 2021 da Biorepack, il consorzio nazionale per il riciclo organico degli imballaggi in plastica biodegradabile e compostabile.

Vicini agli obiettivi fissati per il 2030

I dati sono contenuti nella relazione illustrata dal presidente di Biorepack, Marco Versari, durante l’assemblea dei consorziati che si è tenuta a Milano. “Questi numeri, dopo appena un anno dalla nascita di Biorepack – ha detto il presidente – dimostrano quanto sia stato importante aver creato questo nuovo consorzio all’interno del sistema Conai per garantire un trattamento corretto all’innovativo comparto delle bioplastiche compostabili. In particolare, va salutato con soddisfazione il fatto che il dato sulla quantità di imballaggi riciclati rispetto all’immesso al consumo sia già oggi superiore rispetto all’obiettivo minimo di legge previsto per il 2025 (pari al 50%) e assai vicino a quel 55% fissato per il 2030”.

I comuni già consorziati

Ottimi anche i dati relativi ai Comuni già coperti dalle convenzioni. Il focus sui 330 organismi convenzionati mostra che 209 sono rappresentati da Comuni (singoli o associati), altri 102 sono soggetti gestori deputati alla raccolta dell’umido urbano, 10 sono enti di governo del servizio rifiuti e nove sono gestori di impianti di trasferenza o di riciclo organico. I Comuni finora coperti dalle convenzioni firmate con Biorepack arrivano al 79% del totale nel Nord Est, 50% nel Nord Ovest, 49% nel Centro. Più indietro la situazione per Sud e Isole, dove la copertura è rispettivamente del 29% e 14%. Al 31 dicembre 2021 avevano fatto richiesta il 67% dei capoluoghi di provincia italiani.

Tendenza second hand: non è una seconda scelta

Nel 2021 sono quasi 23 milioni gli italiani che hanno scelto di comprare e vendere oggetti di ‘seconda mano’. E il 66% di chi ha comprato ha guardato alla second hand come primo canale di acquisto. Il tutto all’insegna della sostenibilità, che rimane il primo valore di riferimento dell’economia dell’usato (54%), e del digitale. Il 69% di chi ha comprato e venduto oggetti usati, infatti, lo ha fatto online, perché più veloce (49%), offre una scelta più ampia (43%) e consente di fare tutto comodamente da casa (41%). Si tratta di alcune evidenze emerse dall’Osservatorio Second Hand Economy 2021, realizzato da BVA Doxa per Subito.it.

Nel 2021 l’online supera l’offline

Dal 2014 al 2021 cresce dal 30% al 70% il numero di chi si rivolge all’online per acquistare second hand, mentre chi vende passa dal 45% al 72%, attestando una crescita in termini assoluti e di frequenza.In particolare, nel 2021 l’online supera l’offline anche come canale più utilizzato per l’acquisto.  Nello stesso anno la second hand in Italia ha generato un valore economico di 24 miliardi di euro, l’1,4% del Pil nazionale. La spinta più significativa deriva dal volume degli affari online, che costituisce quasi il 50% del totale (49%), passando da 5,4 miliardi nel 2014 a 11,8 nel 2021. Una crescita netta di 1 miliardo di euro anno su anno.

Un comportamento sostenibile 

La second hand mantiene inoltre il terzo posto tra i comportamenti sostenibili più messi in atto dagli italiani (52%), con picchi ancora più alti di adozione nel 2021 per laureati (68%), Gen Z (66%), 35-44 anni (70%) e famiglie con bambini (68%). E la frequenza della compravendita di usato continua a crescere insieme al numero di oggetti comprati e venduti. Il 72% di chi ha acquistato e il 69% di chi ha venduto lo fa almeno una volta ogni 6 mesi. Inoltre, il 72% di acquirenti e il 76% di venditori dichiara di avere comprato almeno lo stesso numero di oggetti dell’anno precedente. In pratica, una volta scoperto questo mercato, e sperimentata l’immediatezza e la facilità di utilizzo, fare second hand diventa una sana abitudine che attrae ogni anno nuove persone (15% nel 2021).

Cosa comprano e vendono gli italiani e perché

Il guadagno di chi ha venduto oggetti usati nell’ultimo anno è stimato in media a 1.121 euro. Quanto alle categorie e oggetti più popolari nella compravendita dell’usato torna a crescere il volume della compravendita dei Motori di seconda mano (11,5 miliardi), seguito da Casa&Persona (5,7 miliardi), ed Elettronica (4,1 miliardi). Ma perché si acquista l’usato? Nel 2021 le prime tre motivazioni che inducono a comprare beni usati sono risparmio (56%), essere contrari agli sprechi e credere nel riuso (49%), e la convinzione che la second hand sia un modo intelligente di fare economia che rende molti oggetti più accessibili (43%). Per chi vende invece la prima motivazione (79%), è liberarsi da oggetti che non si usano più, seguita dal riuso e l’essere contro gli sprechi (44%), mentre per il 39% si vende usato per guadagnare.  

Acquisti online: nel 2022 spesa stimata a 46 miliardi

Nell’ultimo trimestre 2022 sono 33,3 milioni gli italiani che hanno acquistato online, +9,6 milioni rispetto al periodo pre-pandemia, con un trend che proietta per il 2022 una crescita del +14%, per un valore di 45,9 miliardi di euro. Con questi risultati la penetrazione dell’online sul totale acquisti Retail di prodotti e servizi nel corso dell’anno dovrebbe superare l’11%. Lo indica l’ultima indagine dell’Osservatorio eCommerce B2C Netcomm – School of Management del Politecnico di Milano, che evidenzia come grazie ai segnali di ripresa già evidenziati lo scorso anno gli acquisti di prodotto hanno segnano un +10% rispetto al 2021, arrivando a 40 miliardi, mentre i servizi valgono 11,9 miliardi, +28% rispetto al 2021.

Il Food&Grocery si conferma il comparto più dinamico 

Fra i prodotti, i settori più maturi rallentano il proprio percorso di crescita, come l’Abbigliamento (+10% rispetto al 2021) e l’Informatica & Elettronica di consumo (+7%), mentre il Food&Grocery si conferma il comparto più dinamico anche nel 2022, con una crescita del +17% anno su anno. Quanto al mercato dei servizi, seppur ancora lontano dal valore 2019, cresce in seguito ai risultati incoraggianti del Turismo e trasporti (+33%) e degli Altri servizi (+35%), soprattutto grazie alle performance molto positive del Ticketing per eventi.

Lo smartphone è il device preferito per lo shopping online 

Secondo l’Osservatorio eCommerce B2C a prevalere sono gli acquisti con sistemi di pagamento digitale al momento dell’ordine, che rappresentano quasi il 90% del totale, mentre scende l’uso di contante o bonifico, sia online sia nei negozi fisici.
Lo smartphone si conferma come il device preferito per fare acquisti online: nel 2022 il 55% del valore e-commerce, un dato in linea con l’anno passato, passa attraverso questo canale.
“Siamo ormai andati ben oltre l’accezione dell’e-commerce inteso come ‘shopping online‘ – ha commentato Roberto Liscia, Presidente di Netcomm -. Stiamo vedendo come questo settore abbia un impatto decisivo, non tanto in termini di penetrazione sul totale retail, bensì in quanto volano indispensabile per lo sviluppo dell’economia italiana”.

Oggi l’e-commerce è un vero e proprio ecosistema

“Per questo l’e-commerce rappresenta oggi un vero e proprio ecosistema, e come tale va trattato e regolamentato, secondo un approccio che tenga conto sia del contesto globale nel quale le imprese italiane operano, sia delle peculiarità che caratterizzano lo scenario digitale globale – ha aggiunto Roberto Liscia -.
Siamo di fronte a un momento storico decisivo per la trasformazione dei modelli di business delle aziende, che devono rispondere con prontezza alle esigenze dei consumatori italiani, sempre più digitali, che non sono disposti a tornare indietro, ma che, anzi, chiedono un’esperienza di acquisto sempre più su misura”.

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